Quando vengono strumentalizzate è come se le vittime venissero uccise due volte. Lo stesso accade quando vengono ignorate e condannate all’indifferenza.
Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, furono circa 7.000 gli Italiani vittime delle Foibe: donne, vecchi, bambini, partigiani italiani, intellettuali e contadini, militari e civili. Si stimano in 350.000 gli italiani che dovettero abbandonare le loro case e la loro terra. Iniziata come una rivalsa contro il regime fascista, l’ondata di esecuzioni portata avanti tra il 1943 e il 1947 dai partigiani Titini si trasformò in un’operazione di vera e propria pulizia etnica.
Per oltre settant’anni questa pagina della storia è stata posta sotto silenzio o utilizzata in modo fazioso da una singola parte politica. Non possiamo più consentire che la tragedia di un popolo venga usata per scopi certamente non disinteressati, non possiamo più permettere che sia soffocata dal timore di incrinare facili stereotipi manichei, negando la possibilità che il Male possa annidarsi ovunque.
E’ uscito in questi giorni il film Red Land – Rosso Istria: un film duro e in qualche modo necessario.
La storia delle Foibe viene narrata mediante un racconto corale, incentrato sulla figura di Norma Cossetto, figlia del podestà di Visinada, studentessa in Lettere che stava completando la tesi intitolata Rosso Istria, per il colore della terra ricca di bauxite, quando venne imprigionata, torturata, stuprata e uccisa dai partigiani Titini, nell’ottobre del 1943.
Red Land ha il merito di spezzare il silenzio su una tragedia che ci riguarda tutti, non solo perché italiani ma soprattutto come esseri umani e cittadini europei.
Nel film, diretto dal regista italo-argentino Maximiliano Hernando Bruno, gli interpreti danno vita in modo intenso ai vari personaggi, ricreando la complessità di quei giorni di confusione e tragedia: Selene Gandini è Norma, Geraldine Chaplin un’esule sopravvissuta, Franco Nero l’intellettuale, Romeo Grebenseck il capo dei Titini, Vincenzo Bocciarelli un ufficiale italiano, Sandra Ceccarelli una madre, Eleonora Bolla una partigiana.
Il film si guarda in silenzio, è crudo, realistico, non è stato necessario calcare la mano per arrivare a coinvolgere gli spettatori. La ricostruzione precisa e non faziosa spinge a molteplici riflessioni.
Anzitutto, nasce la consapevolezza di come il Male sia proprio dell’essere umano e siano le nostre scelte a determinarne presenza e diffusione. Red Land sottolinea inoltre come le donne siano sempre il bersaglio più facile della violenza, come preda di guerra, come madri, figlie, sorelle, spesso testimoni impotenti quando non vittime dirette degli orrori cui spinge il sonno della ragione. In modo prepotente, il film ci ricorda però soprattutto che i territori dell’Istria e della Dalmazia videro per secoli convivere in pace popoli diversi e vennero devastati dal sorgere di conflitti etnici legati ai nazionalismi.
Non possiamo permettere a queste dinamiche distruttive di riemergere e rafforzarsi. Mai come adesso dobbiamo perseguire l’obiettivo della pace e di un’Europa dei popoli.
“Non chiedere mai per chi suona la campana” scrisse il poeta John Donne “essa suona per te”. Ascoltiamola.