Le opere d’arte erano false, ma venivano spacciate come autentiche. È questo il sospetto della procura di Roma che indaga su 23 persone, tra le quali c’è il parlamentare e critico d’arte Vittorio Sgarbi in quanto presidente della Fondazione Archivio Gino De Dominicis. Il gip del tribunale della Capitale ha disposto 2 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari – la vicepresidente della Fondazione e chi materialmente avrebbe riprodotto i falsi – e 2 divieti temporanei di esercizio dall’attività professionale nei confronti di due galleristi.
Le misure cautelari giungono al termine dell’inchiesta condotta dai carabinieri del reparto Tutela Patrimonio Culturale – coordinati dalla pm Laura Condemi – che ipotizzano, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, contraffazione di opere d’arte e ricettazione. In sostanza, gli indagati, stando all’ipotesi accusatoria, erano riusciti a immettere nei canali leciti del mercato dell’arte contemporanea numerose opere contraffatte, corredandole di fraudolente certificazioni di autenticità. Per questo è stato anche disposto il sequestro di oltre 250 opere ritenute contraffatte (per un controvalore di oltre 30 milioni di euro), per lo più cedute ad ignari collezionisti, oltre a vario materiale atto alla falsificazione.
L’organizzazione – secondo la procura di Roma – ruotava intorno alla Fondazione Archivio Gino De Dominicis di Roma, presieduta da Sgarbi e composta da importanti galleristi, esperti d’arte e mediatori commerciali. I presunti autori del reato sono, con posizioni diverse, coinvolti in maniera attiva nella falsificazione, autenticazione e commercializzazione di opere d’arte falsamente attribuite al celebre artista marchigiano Gino De Dominicis, riconosciuto come uno degli autori più importanti dell’arte italiana del Secondo dopoguerra con quotazioni sempre più in rialzo sul mercato, ed, in misura minore, ad altri maestri dell’arte contemporanea.
Le due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari sono state emesse a carico del principale soggetto che materialmente realizzava le opere contraffatte e della vice presidente della Fondazione, personaggio di spicco nella vicenda poiché – essendo stata in passato assistente personale dell’artista – verosimilmente sfruttava nella contraffazione delle opere le sue approfondite conoscenze circa le tecniche pittoriche e l’iconografia concettuale del maestro deceduto nel 1998.
Secondo Sgarbi, quelle opere sono “autentiche” e “mai il nucleo di Tutela del patrimonio artistico dei carabinieri era arrivato più in basso mettendo l’ignoranza al servizio della cecità e della mancanza di giudizio di un magistrato”. Il critico d’arte – annunciando un’interrogazione parlamentare sulla vicenda e la querela del pubblico ministero – definisce l’indagine “irresponsabile e criminale” e capace di “distruggere la reputazione di un artista di cui non si conoscono falsi, se non nell’esaltazione di chi pretende di essere l’unico esperto”.