Dalle 153 euro che i cittadini pagano nella provincia di Belluno ai 571 che sborsa invece chi vive a Trapani. Ecco quanto pagano gli italiani per la Tari, la tassa dei rifiuti. L’analisi annuale che Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva fa sui costi sostenuti per lo smaltimento nelle regioni e in tutti i capoluoghi di provincia, evidenzia delle enormi differenze territoriali. Nel 2018 la tassa dei rifiuti ammonta in media a 302 euro, ma tra la regione più economica e quella più costosa si registra uno scarto di oltre il 120% e, fra la provincia meno cara e quella più cara, addirittura di oltre il 270 per cento.
“Ancora una volta la nostra indagine restituisce la fotografia di un paese con marcate differenze territoriali in termini di produzione di rifiuti, raccolta differenziata e costi sostenuti dalla cittadinanza”, commenta Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. I dati, tra l’altro, confermano quelli dell’indagine Istat secondo la quale “il 70% delle famiglie italiane – continua Gaudioso – ritiene eccessiva la spesa per la raccolta dei rifiuti, percentuale che supera l’80% relativamente alle regioni del Sud e le Isole”.
IN CAMPANIA UN VERO SALASSO – L’analisi prende come riferimento nel 2018 una famiglia tipo composta da tre persone e una casa di proprietà di 100 metri quadri. Il Trentino Alto Adige si conferma la regione più economica, con una tassa rifiuti media di 188 euro, la Campania la più costosa con 422 euro annuali, seguita ai primi dieci posti da Sicilia (399 euro), Puglia (373), Sardegna (353), Lazio (332), Liguria (323), Toscana (322), Abruzzo (320), Umbria (301) e Calabria (296). Poi ci sono Valle d’Aosta (281), Piemonte (279), Emilia Romagna (278), Basilicata (269), Marche (238), Veneto (236), Lombardia (236), Friuli (221), Molise (219) e Trentino Alto Adige (188). Analizzando le tariffe a livello regionale, si evidenzia un aumento in ben 10 regioni, con la Basilicata che registra l’incremento più elevato (+13,5% nella sola città di Matera) e una diminuzione in sei regioni, in particolare in Molise (-4,9%) e in Trentino Alto Adige (-4,5%). A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord (in media 256 euro), segue il Centro (301 euro), infine il Sud (357 euro).
LE CITTÀ PIÙ COSTOSE D’ITALIA – Confrontando i singoli capoluoghi di provincia, Belluno, anche se con un piccolo incremento, si conferma la città più economica (153 euro all’anno), mentre a Trapani, che registra un aumento del 49% rispetto all’anno passato, spetta il primato di più costosa (571 euro). Seguita da Cagliari (514), Salerno (468), Trani (461), Benevento (460), Reggio Calabria (456), Napoli (446), Siracusa (442), Catania (435), Ragusa (427). Salta all’occhio che le dieci città più costose, con una spesa annua che supera i 400 euro, sono tutte al Sud, mentre nella top ten delle più economiche ci sono solamente due città meridionali, ossia Vibo Valentia e Isernia.
UN PARADOSSO TUTTO ITALIANO – Secondo il rapporto Rifiuti urbani 2017 dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in Italia nel 2016 sono state prodotte 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. La Regione che ha una produzione pro capite di rifiuti urbani più alta è l’Emilia Romagna (653 chilogrammi l’anno) mentre la più bassa è la Basilicata (354). La maggioranza dei rifiuti urbani in Italia è prodotta nel Nord (47%) seguito dal Sud con il 31% e infine dal Centro (22%). Nonostante diminuiscano i rifiuti, la tassa sull’immondizia nel nostro Paese è sempre più salata. A luglio scorso il portale di Confcommercio dedicato all’analisi di dati relativi alla tassa rifiuti è stato inaugurato proprio con un rapporto secondo cui l’inefficienza delle amministrazioni locali (in media, il 62% dei Comuni capoluogo di provincia registra una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni) costa a cittadini e imprese un miliardo l’anno. La causa è il mancato raggiungimento degli obiettivi comunitari di raccolta differenziata (siamo al 52% contro il 65% fissato a livello europeo). La conseguenza? Nonostante una significativa riduzione dei rifiuti, la tassa è sempre più alta: nel 2017 è arrivata, complessivamente, a 9,3 miliardi di euro con un incremento di oltre il 70% negli ultimi 7 anni. Per le imprese del terziario, ci sono divari di costo anche nella stessa categoria economica, a parità di condizioni e nella stessa provincia. Così un albergo con ristorante paga 4.210 euro anno – secondo i calcoli di Confcommercio – se si trova a San Cesario (LE) mentre ne paga 7.770 euro a Lecce.
LE ESIGENZE DEI TERRITORI – “In un’epoca in cui si parla diffusamente di sostenibilità e promozione dell’economia circolare in ottica di contenimento degli sprechi – commenta il segretario generale di Cittadinanzattiva – per noi soggetti della società civile è indispensabile promuovere comportamenti consapevoli e responsabili nella cittadinanza. Altrettanto indispensabile è che i soggetti che organizzano e gestiscono localmente i servizi di raccolta, lo facciano in modo realmente rispondente alle esigenze del territorio”.
LA RACCOLTA DIFFERENZIATA – Tanto per iniziare, quale incentivo a una migliore partecipazione alla raccolta differenziata, “le famiglie italiane richiedono maggiori informazioni su come separare i rifiuti, Centri di raccolta per i rifiuti riciclabili e compostabili più efficienti e più numerosi, detrazioni e agevolazioni fiscali o tariffarie per chi effettua regolarmente la differenziata”. Anche perché, proprio in tema di differenziata, non mancano i dati positivi. Nel 2016 (ultimo anno disponibile) secondo dati Ispra, siamo arrivati a livello nazionale al 52,5% (+5% rispetto al 2015), mentre un quarto dei rifiuti finisce in discarica. La differenziata aumenta in tutte le regioni: le più virtuose sono Veneto e Trentino Alto Adige con oltre il 70%, Lombardia e Friuli Venezia Giulia con poco meno del 70%. Le regioni fanalino di coda sono invece la Sicilia, l’unica a non raggiungere la soglia del 20%, e il Molise (28%). In Calabria e Basilicata invece la percentuale di raccolta differenziata è aumentata di oltre l’8 per cento.