Più che una delega, una missione contro il tempo. Dopo sei mesi, il governo ha nominato Vito Crimi sottosegretario alla ricostruzione delle aree sismiche. La notizia arriva dopo decine di appelli e sollecitazioni di sindaci, sindacati e associazioni di categoria proprio dall’Aquila dove – a quasi dieci anni dal sisma – la ricostruzione pubblica è al palo e la sua sconfitta sotto gli occhi di tutti. Tanto che, ai ritmi attuali, potrebbero servire dieci e più anni per chiudere i cantieri, ben oltre le promesse dei governi che si sono susseguiti dal 6 aprile 2009, il giorno in cui la terra prese a tremare mietendo 309 vittime. Nel frattempo, si sta alzando il livello di guardia anche per l’ambito privato della ricostruzione, che sembrava invece correre speditamente verso l’impresa della normalità. L’allarme chiama in causa ancora il governo, stavolta per la mancata nomina, da un mese a questa parte, dei suoi bracci operativi, i responsabili degli Uffici speciali per la ricostruzione dell’Aquila e quelli del cratere sismico: sono le figure che autorizzano la spesa che apre i cantieri, in loro assenza si processano pratiche ma nessuna spesa viene autorizzata.

“C’è ormai un blocco di 400 permessi arretrati, che non sono riferiti a singole abitazioni, perché si tratta anche di interi complessi e ambiti urbani”, denuncia al fatto.it il presidente dell’Ordine degli architetti che ha incontrato la stampa per sollecitare la Presidenza del Consiglio: “La situazione non può che peggiorare – sostiene Edoardo Compagnone – Sono le uniche figure deputate a firmare i progetti e gli atti in uscita, le approvazioni per contributi, gli stati di avanzamento delle imprese, le parcelle e le liquidazioni. Perfino l’acquisto di carta e cartucce delle stampanti, gli stipendi e i rinnovi contrattuali del personale degli uffici. E’ una disattenzione che l’Aquila non può permettersi”. L’appuntamento degli architetti con i giornali è stato in un luogo simbolo dello stallo: davanti all’ex liceo classico, alla biblioteca provinciale, al convitto nazionale e all’ex sede della Camera di commercio che – insieme all’ex ospedale San Salvatore – è l’aggregato pubblico più grande del post terremoto, fermo da aprile del 2009. Gli architetti apporranno adesivi ai pali che segnalano lo stato di agitazione della categoria.

Nel pubblico anche il censimento dei lavori è incerto
Da un’inchiesta del Corriere della Sera si è appena scoperto quanto sia magro il bilancio della ricostruzione per il Centro Italia: a due anni dal sisma, solo 350 case ricostruite. Dopo nove anni, oltre 3.500 giorni, i numeri sull’Aquila lasciano di sasso: devono essere erogati quasi tre miliardi di euro per arrivare agli 8,8 di opere ammesse a finanziamento. Secondo la banca dati del Gran Sasso Science Institute, in collaborazione con l’Università dell’Aquila, il Comune dell’Aquila, gli Uffici Speciali per la ricostruzione ed ActionAid su 1.038 interventi i conclusi sono solo 358, metà dei quali nella città dell’Aquila. In fase di collaudo ce ne sono 207. Un terzo delle opere è fermo alla fase di programmazione/progettazione.

Siamo dunque al 34 per cento sul totale degli interventi previsti: di questo passo, potrebbero servire davvero decenni per completare la ricostruzione. Anche perché, come fa rilevare l’ex titolare dell’Ufficio Raniero Fabrizi, recentemente nominato a capo della struttura di missione della Presidenza del Consiglio, “mentre sul privato si hanno una quantificazione e una tempistica piuttosto certe, desumibili dai tempi medi delle statistiche degli ultimi anni, sul pubblico questa certezza non c’è. Molti interventi devono essere ancora presentati, definiti e finanziati. Altri sono finanziati, ma ancora devono partire. Specie nel centro storico, dove massima è la complessità e consistenza. Le opere sono sottoposte a bandi, autorizzazioni e iter complessi, ci sono più soggetti attuatori”. Di tutto questo, dovrà occuparsi il neo-sottosegretario Crimi. Che ha un problema in più.

Una verità è sotto gli occhi di tutti
Anche la ricostruzione privata, come detto, dà segni di rallentamento e false partenze. Non a caso a novembre c’è stata una ripresa di mobilitazioni che non si vedeva da tempo. Due settimane fa, le donne dell’Alta Valle dell’Aterno hanno marciato per 50 chilometri fino a raggiungere il centro storico dell’Aquila per essere ricevute dal Prefetto. L’ex sindaco di Montereale, Lucia Pandolfi, e il sindaco di Cagnano Amiterno, Iside Di Martino hanno spiegato che nel loro territorio non ci sono stati interventi neppure nelle case leggermente lesionate nel sisma più recente, con il risultato che il 70 per cento della popolazione vive all’Aquila nelle abitazioni antisismiche, mentre l’alta valle dell’Aterno “rischia la morte sociale ed economica”. L’Aquila e il suo centro non se la cavano meglio, lo hanno potuto constatare coi loro occhi i deputati della commissione Ambiente che il 23 novembre scorso hanno raggiunto il capoluogo. Sono tornati indietro constatando che, uscita dai riflettori, L’Aquila rischia la paralisi.

Costruttori in allarme
Ne sanno qualcosa gli edili. L’Ance ha recentemente rielaborato i dati dell’Ufficio speciale per la ricostruzione su tutti e 59 i Comuni del cratere rilevando come oltre metà (il 51 per cento) dei lavori pubblici finanziati con la delibera Cipe del 2012 sia rimasta al palo, a fronte di 126 milioni di euro per 230 interventi. Una percentuale che si ritrova sul fronte delle scuole, dove 74 interventi sui 136 previsti dal Piano “Scuole d’Abruzzo – Il futuro in sicurezza” – che ha stanziato 153 milioni di euro – sono ancora bloccati. La cifra vera dello stallo generale la offre la legenda delle sintesi dell’Ufficio speciale per la ricostruzione, dove affluiscono i dati dei diversi soggetti attuatori, ovvero il Comune, la Provincia, Giunta regionale, Mibact, Protezione Civile e altri: i dati in questione sono fermi al 31 agosto 2018, tre mesi fa.

Nel complesso, la ricostruzione pubblica prevede 612 interventi e meno della metà, per esattezza 297 che equivale al 48,5 per cento, risultano conclusi. “La nomina del sottosegretario alla ricostruzione è una buona notizia, ma non basta”, dice a ilfatto.it il presidente dell’Ance Adolfo Cicchetti. “Occorre al più presto quella dei responsabili degli Uffici speciali, che sono poi i bracci operativi della ricostruzione. Le procedure sono in corso, ma la situazione di stallo è tale che se si dovesse prolungare ancora, potrebbe avere effetti negativi sull’indotto e sulla filiera della ricostruzione”. Il dossier dell’Ance, diffuso ai primi di novembre, stima in 4.948 le pratiche del cratere ancora da evadere e 647 i cantieri attualmente aperti.

Le pratiche private rimaste bloccate
L’allarme sul rischio rallentamenti nel privato è condiviso dai piccoli imprenditori della provincia dell’Aquila. “Gli uffici essenziali Usra e Usrc non hanno figure apicali che possono firmare il rilascio di pratiche per aprire cantieri e per il pagamento di Sal ad aziende e parcelle a professionisti” sostiene il presidente dell’Aniem, Danilo Taddei. Le due sigle, come detto, indicano gli uffici da cui arriva il nullaosta per aprire il cantiere. Da un mese, quei nullaosta sono fermi e tocca ora agli architetti ribadire la preoccupazione. “La nomina deve arrivare prima possibile – insiste il loro presidente Compagnone – anche perché non sarà subito operativa, ci saranno i tempi tecnici della firma, la Corte dei Conti, il bollino di Bankitalia, alla fine si rischia di avere un imbuto anche nella parte di ricostruzione che funzionava”. La strozzatura in corso si vede nei numeri: nel 2014-2015 sono stati emessi oltre 700 pareri l’anno, nel triennio successivo è stato un calare fino ai 418 di quest’anno (manca i dato di dicembre). Tra i motivi, anche la graduale erosione degli organici degli uffici deputati: la dotazione tra Uffici speciali di L’Aquila (Usra) e cratere (Usrc), Comune dell’Aquila ed ex uffici territoriali (Utr) si è ridotta del 20 per cento, per un totale di 67 unità in meno.

Il dirigente: “Fermi i pareri finali, ma le istruttorie proseguono”
“E’ vero, la mancanza temporanea di un responsabile dei passaggi finali impatta sugli 
elenchi delle istruttorie e dei pareri in uscita, che vengono pubblicati di mese in mese, e che sono necessari a mettere a disposizione le risorse per i nuovi interventi, che dunque si arrestano”, spiega il dirigente coordinatore dell’ufficio in questione, Francesco Lucarelli. “Ma – precisa – l’attività istruttoria continua ai ritmi di sempre perché, all’indomani della nomina, gli atti siano disponibili per la firma. In generale non parlerei di arretrato. Abbiamo istruito quasi 25mila pratiche, circa 500 l’anno in media, per le quali abbiamo sbloccato oltre il 70 per cento delle risorse per 5,2 miliardi grazie alle quali sono stati chiusi 8.200 cantieri. Resta un’attività residua pari al 30 per cento. Ma siamo in linea coi tempi medi di ricostruzione. E’ fisiologico che, in mancanza del responsabile, ci sia un rallentamento. Ma mi risulta sia in corso la procedura di selezione e in ogni caso non è una questione riconducibile a questioni di efficienza dell’ufficio”.

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