L‘Istat ha rivisto al ribasso il dato sul pil del terzo trimestre: la stagnazione emersa dalle prime stime diventa un calo dello 0,1%. Si tratta del dato peggiore dal secondo trimestre 2014. Non si può parlare di recessione, perché quella definizione si applica quando la discesa continua per almeno tre trimestri. Ma resta il fatto che la frenata è conclamata. La variazione acquisita per il 2018 è pari a +0,9% contro l’1% della precedente rilevazione. Il governo prevede per l’anno in corso una crescita dell’1,2%. Il premier Giuseppe Conte dall’Argentina si è limitato a commentare: “Il Pil? Lo faremo crescere”. Polemizzano invece le opposizioni. In prima fila l’ex premier Paolo Gentiloni: “L’economia rallenta”, ha scritto su Twitter. “In pochi mesi sta andando in fumo l’impegno di famiglie e imprese negli ultimi anni. In crescita solo la propaganda”.
La flessione è dovuta essenzialmente alla contrazione della domanda interna, causata dal sovrapporsi di un lieve calo dei consumi e di un netto calo degli investimenti, mentre l’incremento delle esportazioni, pur contenuto, ha favorito la tenuta della componente estera. I consumi finali nazionali nel periodo sono diminuiti dello 0,1% sul trimestre precedente e sono aumentati dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2017. Gli investimenti fissi lordi sono diminuiti dell’1,1% su base congiunturale mentre sono aumentati del 2,5% su base annua. Le importazioni sono aumentate dello 0,8% su base congiunturale e del 2,4% su base annua mentre le esportazioni hanno registrato rispettivamente un +1,1% e aumento dell’1,3%.
Nel terzo trimestre, stando ai dati Eurostat diffusi nelle scorse settimane, anche la Germania ha registrato un calo del pil: -0,2%. L’Eurozona nel complesso è cresciuta invece dello 0,2%. Per quanto riguarda gli altri grandi Paesi, sia la Francia sia la Gran Bretagna hanno visto il pil salire di due decimi in più che nel secondo trimestre (rispettivamente dello 0,4 e 0,6%) mentre la Spagna si è mantenuta stabile a +0,6%.