“Non chiedo scusa a Silvio Berlusconi“. Maurizio Martina risponde così alle parole di Matteo Renzi che in una diretta Facebook aveva invitato “la sinistra” a scusarsi con il leader di Forza Italia perché “faceva leggi ad personam” ma “rispetto a Matteo Salvini era un pischello“. L’ex segretario ad interim del Partito democratico e neo-candidato alle primarie parla a Radio Capital e avverte il suo ex premier: “Capisco il ragionamento di questa provocazione, cioè che è meglio una destra istituzionale che una destra nazionalista e populista. Non riabiliterei però scelte e persone che hanno fatto male in questi anni all’Italia”.
Anche se lui dice di stare fuori dalle dinamiche del partito, Renzi torna sempre al centro del dibattito in vista del Congresso. Tra le voci di un appoggio, per ora rimasto implicito, a Marco Minniti unito a una strategia per battere Nicola Zingaretti e quelle di un possibile nuovo movimento politico che nasca dai comitati civici “Ritorno al futuro“, l’ex premier continua ad agitare la corsa verso la segreteria. Martina per ora si smarca: “Nella storia del centrosinistra le divisioni non hanno mai portato a buone cose, non credo che Renzi voglia fare un nuovo partito”. “Il tema – dice – è quello di cambiare il Pd, rinnovarlo e aprirlo. È abbastanza surreale che del Congresso si discuta solo di percentuali. Per me il confronto deve essere sulle idee”. “In ogni caso siamo lo stesso partito un minuto dopo siamo al lavoro insieme. Viva la libertà del confronto”, aggiunge il candidato.
Poi torna sulla provocazione lanciata da Renzi: “C’è gravità assoluta in quello che stanno facendo Di Maio e Salvini, ma non faccio paragoni con le situazioni precedenti”, spiega Martina. “Non riabilito le politiche di Silvio Berlusconi – aggiunge – I problemi che abbiamo davanti sono figli della destra di questi anni e dei guasti che hanno prodotto. Dopodiché capisco che sia meglio una destra istituzionale che una destra nazionalista e populista. Non riabiliterei però scelte e persone che hanno fatto male in questi anni all’Italia”, conclude riferendosi implicitamente alle leggi ad personam di Berlusconi.