Mario Calabresi ha dichiarato, in una recente trasmissione televisiva, che il M5s in una querela avrebbe denunciato non lui ma il padre Luigi, morto – come si sa – più di 40 anni fa. A primo acchito l’accusa di Calabresi fa presa sul pubblico, ma poi si scopre che le cose potrebbero stare diversamente. Dal blog delle stelle, il Movimento ha chiarito che non si tratta di una querela ma di un atto di citazione, cioè non di un atto penale bensì di una citazione in sede civile. La precisazione dimostra che a creare confusione è proprio Calabresi.
L’errore nell’indicazione di un nominativo all’interno di un atto di citazione (quindi civile) non rileva in alcun modo se esso è commesso nella narrativa dell’atto, cioè in quella che gli avvocati chiamano la “premessa in fatto e in diritto”. Sarebbe stato invece un errore rilevante, che avrebbe potuto avere come conseguenza una declaratoria di nullità dell’atto da parte del giudice, se la confusione tra Mario e Luigi fosse stata commessa nell’epigrafe (cioè nell’indicazione della parte convenuta), nella parte dell’atto in cui l’avvocato “cita” il convenuto e infine nelle cosiddette conclusioni, dove il difensore chiede al giudice la condanna del convenuto. Anche se, in quest’ultimo caso, l’eventuale errore sarebbe sanato dalla corretta indicazione del convenuto nella parte formale della “citazione” e dalla notifica dell’atto introduttivo del giudizio al corretto destinatario. Con la particolarità che la costituzione in giudizio del convenuto correttamente citato avrebbe sanato alcuni aspetti di tali vizi.
Detto questo, l'”errore” del M5s è del tutto irrilevante, dal momento che l’art. 164 del codice di procedura civile non lo annovera tra quelli per cui l’atto sarebbe nullo. Insomma, si tratta di semplice refuso che i difensori del M5s avrebbero potuto tranquillamente correggere con la prima memoria prevista dal sesto comma dell’art. 183 del codice di procedura civile, oppure – dipende in che fase si trova il giudizio attualmente – anche con la comparsa conclusionale prevista dall’articolo 190. Ma si tratta di un errore che, non rilevando né ai fini processuali né a quelli sostanziali, può anche non essere corretto. Da parte di Calabresi tanto rumore per nulla.
Con la collaborazione di Giuseppe Palma