Il tentativo di censura, da parte del sindaco di Cenate Sotto Giosuè Berbenni, era stato chiaro: l’opera in programma per l’apertura della nuova stagione del Piermarini conteneva una scena a suo dire blasfema, per cui, rivolgendosi alla sovrintendenza del noto teatro milanese, ne chiedeva l’eliminazione
Il tentativo di censura, da parte del sindaco di Cenate Sotto Giosuè Berbenni, era stato chiaro: l’Attila di Verdi in programma per l’apertura della nuova stagione alla Scala di Milano conteneva una scena a suo dire blasfema, per cui, rivolgendosi alla sovrintendenza del noto teatro milanese, ne chiedeva l’eliminazione. La replica della Scala, come avevamo riportato, era prontamente giunta: “Nello spettacolo non c’è nulla di blasfemo e il 7 dicembre tutti se ne renderanno conto”.
Nel frattempo, secondo alcune indiscrezioni, la scena a cui faceva riferimento Berbenni, nella quale la statua della Madonna veniva scaraventata a terra e fatta a pezzi, sembrava non fosse mai esistita. Ma, come confermato a ilfattoquotidiano.it, ecco giungere oggi la notizia conclusiva e chiarificatrice: quella scena c’era eccome, ma invece di essere ambientata, come riferito da Berbenni, in un bordello, era collocata nella casa/quartier generale del protagonista dell’opera, l’occupante Attila. Accertata dunque l’esistenza di quella scena sappiamo oggi che la stessa non verrà, come riportato altrove, tagliata, bensì modificata: al posto della statua della Madonna vi sarà una statua antica raffigurante qualche altro simbolo, così da non urtare la sensibilità di chi, come il sindaco di Cenate Sotto, avrebbe potuto sentirsi offeso. Inutilmente, diremmo noi, perché se è vero che la madre del Cristo veniva così oltraggiata, è altresì vero che simile oltraggio scatenava subito dopo la punizione divina. Un monito dunque, non certo una scena blasfema: chi tocca il simbolo religioso, sembrava aver voluto dire il regista Davide Livermore, viene automaticamente e immediatamente punito. Ed è proprio in questo senso che la sequenza incriminata avrebbe perfettamente ricalcato la scena della blasfemia di un’altra opera di Giuseppe Verdi, il Nabucco, quella in cui il protagonista, dopo aver esclamato “Non son più Re, son Dio”, viene immediatamente colpito da un fulmine. Con una differenza sostanziale: se in Attila ci si sarebbe trovati dinanzi una scelta registica, in Nabucco la “blasfemia” è contenuta nello libretto stesso.
A ogni modo, la prudenza del teatro milanese sembra essere stata dettata dal massimo grado di esposizione mediatica e internazionale a cui la serata inaugurale, che come già precedentemente verrà trasmessa in diretta su Rai1, viene di regola sottoposta: la richiesta di censura del sindaco di Cenate Sotto avrebbe svolto in questo senso il semplice ruolo di campanello d’allarme e nulla più. Se già in precedenza differenti sono state le scene messe sotto accusa, perché troppo sessualmente esplicite o cruente, in differenti opere e a causa dunque di scelte registiche insolite, l’antesignano religioso è certamente individuabile nella Carmen della regista Emma Dante che metteva in scena, con conseguenti polemiche di vario tipo, la distruzione di un crocifisso. Motivi, tutti questi, per continuare a parlare d’opera.