"Alcune parole non hanno fatto in tempo a rientrare nel dizionario, come il “fascistometro” di Michela Murgia, ma sono tutte interessanti, perché fotografano un momento storico e, rileggendole tra 30 o 50 anni, si avrà il quadro di un’epoca”", spiega al fattoquotidiano.it la linguista Valeria Della Valle
In soli dieci anni, dal 2008 al 2018, sui giornali italiani sono comparsi oltre 3500 neologismi, parole nuove, a volte completamente inventate, altre introdotte dall’inglesef. Come “giocattolizzare” o “genderizzare“, solo per citare alcuni dei termini raccolti dai linguisti Valeria Della Valle e Giovanni Adamo nel volume “Neologismi. Parole nuove dai giornali 2008 – 2018”, edito da Treccani, che sarà presentato giovedì 6 dicembre, alle 17:30, a Roma, al centro congressi La Nuvola, in zona Eur. Di questi 3.505 neologismi, 2.617 sono parole singole, ad esempio “viralizzare”, e 888 espressioni composte, come “bolla finanziaria”. Informatica, finanza, medicina sono i settori che sfornano più neologismi. “Ogni giorno ci sono nuove scoperte, quindi arrivano parole da tutto il mondo, a volte tradotte in italiano, come nanofarmaco”, spiega l’esperta a ilfattoquotidiano.it.
Ventisette nuove parole che parlano di potere – Tra i termini più suggestivi, c’è “lanacaprinesco”, della cantante Mina. “Lei è una delle poche donne autrici di neologismi, semplicemente perché sui giornali abbiamo trovato poche donne che scrivono o vengono citate”, spiega Della Valle. I neologismi giornalistici servono soprattutto per suscitare polemica. “Lo scettro va al critico del Corriere Aldo Grasso, che ha creato “barcamenista”, colui che si barcamena. A Pierluigi Battista, dobbiamo “dichiarazionite”, la mania di fare continuamente dichiarazioni, una al minuto”, aggiunge Della Valle. Vanno per la maggiore le parole che terminano in “-crazia”: ben 27 nuovi ingressi. Il saggista Paolo Guzzanti parla di “maggiordomocrazia”, il potere di chi si prostra, di cui Massimo Gramellini ha inventato un sinonimo, “zerbinocrazia”, mentre il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha coniato “altrovecrazia”, che indica un modo di prendere le decisioni politiche lontano dalle urne e dal Parlamento. “Le parole non capitano mai per caso, vuol dire che i giornalisti e chi fa opinione sente il bisogno di alludere a un potere che ci sovrasta”, spiega Della Valle.
Da “giocattolizzare” a “mafiarsi”: i neologismi di Papa Bergoglio – Il più spiritoso è papa Bergoglio. Da “giocattolizzare”, far diventare tutto un gioco, a “mafiarsi”, cioè adeguarsi ai metodi criminali della mafia, passando per “balconare”, rimanere al balcone a guardare, senza prendere posizione, i neologismi di Papa Francesco attingono alla lingua spagnola e puntano a farsi capire a persone di ogni luogo e estrazione sociale. Spassosa la sua “misericordina”, l’imitazione spirituale di un farmaco, che ha fatto distribuire ai pellegrini in Piazza San Pietro: una confezione con un rosario e un’immagine di Gesù. In un’epoca di pressioni, lavoro e consumo senza orari, Bergoglio mette in guardia dal “martalismo”, un termine che prende il nome da Marta, sorella di Lazzaro, e indica “l’eccessiva operosità, quella inutile, di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando il riposo e le parole di Gesù”.
Il predominio dell’inglese – Tra il 2008 e il 2018, sui giornali italiani sono più che raddoppiati, rispetto al decennio precedente, i neologismi inglesi: nel nostro modo di parlare sono apparse 15 nuove parole composte da “food” e solo 2 da “cibo”; hanno fatto il loro ingresso 17 termini con “gender” contro 13 con “genere”, stessa cosa per “smart”, che ha la meglio sulla sua traduzione italiana, “intelligente”. Sul totale dei neologismi italiani, i termini inglesi sono schizzati dal 10 al 20,11 percento. “Un elemento molto preoccupante a nostro modo di vedere”, dichiara Valeria Della Valle.
“Fotografia di un’epoca” – “Alcune parole non hanno fatto in tempo a rientrare nel dizionario, come il “fascistometro” di Michela Murgia. Ma continuiamo a registrare i neologismi nella banca dati dell’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee, del Cnr. Molte parole sono legate al momento in cui vengono coniate e difficilmente rimarranno nella lingua italiana, altre resteranno, non possiamo ancora sapere quali. Ma sono tutte interessanti, perché fotografano un momento storico e, rileggendole tra 30 o 50 anni, si avrà il quadro di un’epoca”, conclude Della Valle.