Un genitore di un ragazzo disabile è costretto a sperimentare come pochi al mondo la tolleranza. Un genitore di un bambino disabile si confronta quotidianamente con la superficialità di chi guarda al proprio figlio con diffidenza o curiosità. Un genitore di un adulto disabile vive nella consapevolezza che solo lui può garantire al figlio la tenerezza che, come tutti i cosiddetti normali, ha diritto di avere. Poi c’è la società, il resto della vita o, meglio ancora, quella che resta nella vita per un disabile. Il resto della vita dipende esclusivamente da noi, da quello che riusciamo a fare tutti i giorni per rendere migliore la vita a chi fa più fatica a vivere, a chi ha diritto come noi a divertirsi, a ridere e ad amare.
Questo pensiero non deve avere minimamente attraversato la mente del ristoratore di Torino che, “spaventato o preoccupato” dalla contemporanea presenza di quattro ragazzi down nel suo locale, li avrebbe invitati a recarsi altrove. È chiaro che dopo la brillante performance giovanile a un corso di giornalismo (!) del signor Rocco Casalino, portavoce del Presidente del consiglio, che paragonava i ragazzi down ai ragni e al ribrezzo conseguente alla loro visione, la reazione del ristoratore torinese sembra il minimo che ci si debba attendere in una società in evidente involuzione.
Come accade in tali circostanze le scuse arrivano puntualmente tardive. È avvenuto anche per il signor Casalino e sono sempre tese a dimostrare un fraintendimento profondo. Niente da fare, è difficile che uno che fa lo str… ammetta di esserlo sul serio. Sembrerebbe inevitabile doversi rassegnare all’idea che un disabile, alla fine, rimarrà sempre un’altra cosa. Ecco, esattamente questo, una cosa. Non una persona.