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Andalusia, l’estrema destra scuote la Spagna. Ma Vox ha molte contraddizioni

La prima leader europea a far sentire la sua voce per il successo dell’estrema destra nelle elezioni in Andalusia è stata Marine Le Pen. È bastato un tweet di soddisfazione per esprimere la vicinanza tra il Fronte nazionale francese e Vox, movimento guidato da Santiago Abascal che si inserisce nel solco della destra identitaria e protezionista affermatasi all’altro capo del mondo.

Abbiamo avvicinato Miguel Mora, direttore della rivista Contexto – per anni corrispondente da Roma de El País – il quale ci ha spiegato: «E’ un risultato effetto di varie cause, la cavalcata globale Trump-Bolsonaro, l’ “austericidio” europeo, il logorio del partito socialista (Psoe) da troppo tempo vicino alle lobby dei potenti e la questione catalana, capace di accendere la fiamma del nazionalismo».

E’ così che la ‘regione rossa’ di Spagna, terra dell’ex premier Felipe Gonzalez da sempre fortino inespugnabile del Psoe, rischia di passare nelle mani di una coalizione di destra: i conservatori del Partido Popular, la formazione di centro Ciudadanos e Vox, il nuovo partito che per la prima volta entra nelle istituzioni con un bottino di 400mila voti (il 10,96%) e ben 12 deputati. Un raggruppamento che raggiunge i 59 seggi, 4 al di sopra della soglia richiesta per la maggioranza assoluta.

In queste ore a Cordoba, Malaga e Siviglia, principali centri andalusi, migliaia di manifestanti, principalmente giovani, occupano le piazze al grido comune “Aquí están los antifascistas”.
E pur di fermare l’avanzata della ultradestra c’è chi avanza l’ipotesi di un accordo tra le forze progressiste, il Psoe e Podemos (presentatosi sotto le insegne di Adelante Andalucía), e i centristi di Ciudadanos, aspri antagonisti delle formazioni di sinistra sul fronte scivolosissimo della questione indipendentista in Catalogna.

A poche ore dallo scrutinio Vox ha già scosso la Spagna. Il paese adesso si interroga, ma al di là delle letture sulle controversie interne o sulle consolidate tendenze transnazionali è sufficiente un approfondimento sul microcosmo dei piccoli centri per capire di più. A El Ejido, un agglomerato di 90mila abitanti disteso lungo le enormi coltivazioni intensive della provincia di Almeria, Vox è il primo partito. Lo stesso accade a Albuñol, centro rurale con chilometri e chilometri di serre a coprire una terra fertile, qui un terzo dei 7mila abitanti sono magrebini, impegnati principalmente nel lavoro nei campi, come succede da noi nella piana di Eboli, nel ragusano o nell’agro-pontino.

Un voto contro l’immigrazione, l’argomento principe della formazione di destra.
Nel programma di Vox si legge di un controllo rigoroso dell’immigrazione, con restrizioni per il lavoro delle Ong, un rigoroso sistema di quote d’ingresso e la ferma preclusione per gli irregolari di oggi di sanare la loro posizione in futuro. E poi temi identitari che sanno di “reconquista”: stretta sulla cultura musulmana, un secco ‘no’ all’entrata della Turchia di Erdogan nella Ue, maggiore peso della Spagna sulla scena internazionale, antichi fasti da rinvigorire.

Con una contraddizione finale che ha il sapore del paradosso: Vox vuole recuperare Gibilterra, territorio non autonomo sotto influenza della Corona britannica, e proteggere con mura altissime Ceuta e Melilla, enclavi spagnole nel nord-Africa. Come dire, le nostre vecchie espansioni territoriali sono manifestazione di vitalità, il piede in casa è segno di decadenza…