Mentre il “dibattito politico” nostrano si avvita demenzialmente sulle malefatte parallele e contrapposte dei papà di Renzi e Di Maio, i francesi scendono in piazza in modo massiccio e convinto per dire no alle politiche del governo Macron.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’aumento del costo del carburante deciso da tale governo, ma è bene che nessuno si faccia ingannare dalla foglia di fico ambientalista con la quale Macron vuole nascondere le sue vergogne. L’aumento in questione è infatti solo la punta dell’iceberg. Sotto ci sono le situazioni di crescente disagio sociale alimentato e incrementato da un’amministrazione che, eletta come effetto di una legittima e generalizzata ripulsa nei confronti delle politiche razziste e nazionaliste di Marine Le Pen, non ha fatto altro in seguito che applicare alla lettera i fallimentari dettami del neoliberismo.

Macron, come un Re Mida al contrario, trasforma in materia poco nobile tutte le cause di cui cerca di impadronirsi in modo strumentale, si tratti di ambientalismo, di antirazzismo o di europeismo. Peraltro è a tutti evidente come, nel caso dei migranti e dei richiedenti asilo, a qualche chiacchiera in funzione “antisovranista” abbia corrisposto una politica altrettanto chiusa e negatrice dei diritti umani fondamentali di quelle portate avanti da Salvini o da Orban. Così è, a ben vedere, anche nel caso dell’ambiente e del cambiamento climatico.

Una politica che voglia essere efficace in un contesto complesso e difficile come quello determinato dallo sviluppo sregolato e nocivo del capitalismo moderno, deve prevedere alternative praticabili nel campo dei trasporti, come pure un piano di investimenti pubblici di enormi dimensioni per sostenere le energie alternative, ma soprattutto deve accompagnarsi alla promozione dell’equità e dell’eguaglianza economica. Tutto il contrario di quello che sta facendo, al di là di qualche vacua chiacchiera, Macron, il quale rilancia e aggrava le pessime politiche neoliberiste che hanno comportato una privatizzazione dei servizi e dei beni pubblici e un forte incremento delle disuguaglianze sociali, con la conseguenza che sono sempre più i nuclei familiari i quali, in Francia come altrove, faticano per arrivare a metà mese.

La soluzione non sta certo in qualche elemosina alla Di Maio, con il suo finto reddito di cittadinanza, che maschera a sua volta l’impianto sostanzialmente neoliberista fortemente voluto dalla Lega Nord e da Matteo Salvini, il vero e unico leader politico di questo governo italiano, che abbina l’esclusione dei migranti con la riproposizione esasperata del liberismo e del tradizionale individualismo italico nelle sue varie deplorevoli manifestazioni, dall’evasione fiscale al “diritto” di armarsi che rischia di trasformare l’Italia in un inferno di violenza in stile statunitense. Sempre più chiaro il disegno leghista di spremere fino all’ultimo il limone grillino per poi rilanciare l’unità della destra. Del resto già ora l’asse programmatico del Salvimaio e al novanta per cento sulle posizioni di Salvini su ogni tema. Le destre di ogni genere, si tratti di Macron o di Salvini, aggravano la situazione e il malessere sociale proponendo palliativi inutili se non dannosi.

La soluzione sta invece nella proposizione di soluzioni ambientaliste e socialiste, che prevedano il coinvolgimento consapevole della popolazione, a partire dalle masse lavoratrici, nei cambiamenti che sono necessari ma che non devono tradursi in una nuova penalizzazione dei più poveri e più sfruttati. Nessun partito politico ha oggi il diritto di “mettere il cappello” sui gilet gialli, di certo non gli svergognati sostenitori del Salvimaio, ma neanche una sinistra che deve umilmente lavorare a lungo per riconquistare la perduta rappresentanza dei settori sociali che tradizionalmente ne costituivano la base.

Orfani della loro rappresentanza politica, con la parziale eccezione di France insoumise, i settori sociali in rivolta godono del consenso di tre francesi su quattro e costituiscono pertanto la legittima espressione di un disagio molto vasto e molto profondo. In Francia i gilet gialli, come i ferrovieri che hanno manifestato di recente e che non hanno attratto altrettanta attenzione forse perché non hanno dato fuoco a nulla, sono ad ogni modo manifestazione innegabile di quella lotta di classe che i cretini di ogni risma continuano a dare per finita, ma che continua a covare sotto il finto benessere delle nostre società ed attende solo una forza politica sufficientemente coerente ed intelligente da indirizzarla verso il raggiungimento dei giusti obiettivi con le giuste e necessarie modalità operative.

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