Il riconoscimento, arrivato alla seconda edizione, è stato istituito in memoria della ricercatrice veneziana morta nell'attentato del Bataclan del 13 novembre 2015. Demografa e sociologa di formazione, autrice dell'articolo "Allez les filles au travail", aveva dedicato i suoi studi alle tematiche di genere e all'importanza dell'occupazione femminile
Le donne, il lavoro e la società. Come aiutarne l’inclusione e come riuscire a intervenire contro “la segregazione contrattuale” e per abbattere finalmente quel soffitto di cristallo che ancora impedisce la parità in Italia e in Europa. Di questi temi e delle loro evoluzioni storiche e giuridiche si sono occupati i 14 vincitori della seconda edizione del premio Valeria Solesin, concorso rivolto a studentesse e studenti universitari e ispirato agli studi e ai progetti della ricercatrice veneziana, tragicamente scomparsa nell’attentato al teatro Bataclan di Parigi il 13 novembre 2015. Il premio, promosso dal Forum della Meritocrazia e da Allianz Partners, e realizzato con il patrocinio del Comune e della Citta Metropolitana di Milano, si intitola: “Il talento femminile come fattore determinante per lo sviluppo dell’economia, dell’etica e della meritocrazia nel nostro Paese”. Delle quattordici borse in denaro previste, ne sono state assegnate 11 (di cui una sotto forma di stage). Congelate le altre tre, visto che i candidati “hanno una posizione lavorativa attiva”. La premiazione è avvenuta a Milano il 27 novembre scorso ed era presente anche la mamma di Valeria, Luciana Solesin.
L’importante riconoscimento è stato istituito per ricordare il lavoro e le ricerche di Valeria Solesin: demografa e sociologa di formazione, ha studiato a lungo il comportamento riproduttivo contemporaneo in Italia e in Francia con l’obiettivo di “analizzare la transizione al secondo figlio” e individuare “quali fattori facciano sì che sia più difficile in Italia scegliere di avere una seconda gravidanza”. Nel 2013 scrisse l’articolo “Allez les filles au travail“, nel quale parlava dell’importanza dell’occupazione femminile. La scelta di premiare ogni anno 14 studenti e ricercatori impegnati nello stesso campo è stata fatta proprio per aiutare chi, come Valeria, si occupa di tematiche troppo spesso dimenticate e lo fa in condizioni di precarietà e con pochi fondi. “La risposta che questa seconda edizione del Premio Valeria Solesin ha ottenuto in termini di candidature di tesi, coinvolgimento di università, sponsorizzazione di aziende e studi professionali, ci conferma che stiamo lavorando nella giusta direzione”, è stato il commento del presidente del Forum della Meritocrazia Claudio Ceper. “E’ nostra intenzione diffondere sempre più le buone pratiche che l’associazione catalizza per rendere il merito sistemico in Italia, sia nel mondo accademico sia nel mercato del lavoro”. Per Paola Corna Pellegrini, amministratrice delegata e direttore generale di Allianz Parteners in Italia, “l’elevato valore delle tesi ricevute ci spinge a continuare a fare crescere questa iniziativa, per aprire nuove opportunità a un sempre maggior numero di neolaureati dotati di talento e portatori di quella attitudine al cambiamento, alla valorizzare delle diversità, che aziende e istituzioni devono continuare a supportare, per la crescita culturale ed economica del nostro Paese”.
I lavori selezionati spaziano dagli studi giuridici all’organizzazione di impresa fino agli strumenti di welfare. Nicoletta Amendolara, dell’Università degli studi dell’Insubria, ha vinto con una tesi comparativa tra Italia e Finlandia su “promozione della gender equality negli organi di amministrazione e controllo delle imprese”. Al centro la “condizione ancora marginale della manager italiana” e il fatto che non bastino le leggi, ma sia necessario “produrre un cambiamento culturale”. Martina Bettariga invece, dell’università degli studi di Trento, ha analizzato “Genere e precarietà nel mondo del lavoro”, partendo dal caso della provincia di Brescia. Attraverso una ricerca sul campo ha riscontrato quali sono le “asimmetrie di genere che ancora permangono nel mondo del lavoro”, come ad esempio “la segregazione contrattuale delle donne” o fenomeni come “il part-time involontario”. Il fronte da studiare non è solo quello italiano e anche per questo è stato scelto il lavoro di Letizia Bianchetta, dell’università degli studi di Torino, che ha appunto analizzato “parità di genere e discriminazioni intersezionali nel diritto del lavoro dell’Unione europea”. Sandra Cannas, dell’università di Cagliari, ha quindi affrontato le “affirmative action“, ovvero i programmi che favoriscono l’inserimento dei membri di determinati gruppi sociali. Quindi ha analizzato i casi di successo delle “selezioni al buio” (la scelta dei curriculum anonimi) e il “work life balance” (le politiche aziendali per permettere un equilibrio tra vita lavorativa e vita privata).
Premiata poi Michela De Rosa dell’università di Siena con un lavoro su “Diritto del lavoro: a misura d’uomo, di donna o dell’economia? La conciliazione tra tempi di vita e di lavoro”, nel quale si parte “dall’ambiguità del linguaggio giuridico in materia” e si arriva a sostenere che “la crisi del sistema sta costringendo molte donne a diventare uomini per far parte del mondo del lavoro produttivo”. Per Chiara Gargiulo, studentessa all’università di Padova, il riconoscimento è arrivato per la sua tesi in statistica dal titolo “Uso del tempo e benessere personale”, all’interno della quale si analizzano i “tempi di vita degli individui e delle famiglie italiane, rispetto al genere in primis”. Giulia Monteduro, dell’università Bocconi, ha vinto la borsa con un elaborato in inglese che si concentra invece sul mondo della finanza e intende affrontare il tema delle differenze di genere nel campo degli investimenti. E conclude dicendo: “La vecchia credenza che le manager donne sono altrettanto capaci dei colleghi uomini dovrebbe cominciare a essere messa in discussione”. Francesca Moriconi, della Luiss Guido Carli di Roma, ha invece studiato le “resistenze socio-culturali in Italia, Francia e Svezia alle politiche per la parità di genere”. Per quanto riguarda il filone dell’imprenditoria, sono state premiate: Valentina Parisi, della Ca’ Foscari di Venezia, per il suo lavoro sui “profili di welfare contrattuale” con un focus sulla Regione Veneto; Beatrice Pilone, dell’università di Torino, che si è invece concentrata su “imprenditoria femminile nel family business”; Camilla Piscopo, dell’università di Brescia, con una tesi sulla “presenza della donna nel contesto economico e lavorativo del Paese” dal titolo “Donna, impresa e famiglia”.