Sovrattassa per le auto di nuova immatricolazione con emissioni di CO2 allo scarico a partire dai 110 g/km di CO2. Questa l’iniziativa contenuta in un emendamento al disegno di legge bilancio in discussione alla Camera. Si tratterebbe di una tassa “progressiva”, destinata alle auto immatricolate tra il primo gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021 (anche quelle in leasing o precedentemente targate all’estero): l’importo oscillerebbe dai 150 euro per i veicoli che producono fra 110 e 120 g/km di CO2 per arrivare ai 3.000 euro di quelli che emettono oltre 250 g/km.
Una sorta di “imposta ambientale” che, a dire il vero auspicavano in molti, ritenendola più equa rispetto a bollo e superbollo, calcolati esclusivamente sulla base della potenza erogata dal motore. Il superbollo si paga a partire da una determinata soglia: 20 euro in più per ogni kW che eccede i 185 kW. Come si legge sul sito dell’Agenzia delle Entrate, “l’addizionale è ridotta dopo cinque, dieci e quindici anni dalla data di costruzione del veicolo, rispettivamente, al 60, al 30 e al 15 per cento, e non è più dovuta decorsi venti anni dalla data di costruzione” (tali periodi sono calcolati a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo a quello di costruzione). In questi anni il superbollo, voluto dal Governo Monti, ha irrimediabilmente minato il mercato delle vetture di alta cilindrata, che per ovvi motivi sono quelle più lussuose e potenti, ottenendo come risultato un gettito fiscale totale addirittura inferiore a quello generato dal settore auto prima che la norma entrasse in vigore.
Sorge però un problema, potenzialmente catastrofico per il mercato delle quattro ruote: al momento il Governo non ha chiarito se la tassa ambientale sostituirà il bollo (e/o il superbollo) o la affiancherà. Le due ipotesi, come comprensibile, sono diverse come il giorno dalla notte, specialmente per i proprietari di auto di elevata potenza. In caso di sommatoria dei due tributi, ad esempio, il proprietario di una Porsche 911 da 450 Cv dovrebbe pagare 586 euro di bollo, 2.920 di superbollo e 2 mila di tassa ambientale (che è l’importo previsto per le auto che emettono fra 175-190 g/km di CO2): oltre 5,5 mila euro totali rispetto ai 3,5 mila odierni. Viceversa, se la tassa ambitale sostituisse il superbollo, l’importo totale sarebbe di 2,6 mila euro, 2 mila se rimpiazzasse anche il bollo. Certo è che, sulla base dei modelli immatricolati nel 2018, la tassa ambientale interesserebbe in forma più o meno importante circa il 50% delle auto di nuova immatricolazione.
Di contro, dalla manovra dovrebbero arrivare gli incentivi statali per l’acquisto di auto di nuova immatricolazione (anche in leasing e senza alcuna rottamazione obbligatoria) a basso impatto ambientale, per le quali il governo sarebbe pronto a stanziare 300 milioni di euro l’anno per i prossimi 3 anni. Tre le fasce di incentivo previste per altrettante classi di emissione di anidride carbonica: da 0 a 20 g/km (6 mila euro di incentivo), da 20 a 70 (3 mila), da 70 a 90 (1.500). Criteri che, oltre ai modelli ibridi ed elettrici, potrebbero paradossalmente favorire le tanto vituperate auto diesel, specie se di piccola cilindrata, che emettono meno CO2 delle omologhe a benzina.
Non hanno tardato le prime reazioni dal mondo dell’auto a commento del nuovo e nebuloso scenario che si va delineando. “La proposta così come presentata invece di costituire una soluzione peggiorerà il problema sia dell’inquinamento, sia delle entrate dello Stato, sia dell’impatto sul mercato e, conseguentemente, sui livelli occupazionali delle nostre aziende in cui oggi sono impiegati più di 120.000 addetti”, sostiene Adolfo De Stefani Cosentino, Presidente di Federauto (la federazione dei concessionari auto): “Paradossalmente l’incentivazione di auto nuove più ecologiche prevista dalla proposta sarebbe già nettamente inferiore a quanto il mercato ad oggi ha espresso per le vetture con emissioni di CO2 inferiori a 90 g/km. Di contro la penalizzazione di autovetture Euro 6 porterebbe le seguenti conseguenze: un rallentamento del rinnovo del parco senza eliminare le vetture più inquinanti e comporterebbe inoltre un minore gettito di IVA e IPT dovuto ad una riduzione del mercato che non compenserebbe neppure in minima parte il maggior gettito derivante dal ‘malus’”.
Inoltre, secondo De Stefani Cosentino, “la riduzione degli addetti delle concessionarie, che negli ultimi anni hanno pagato il prezzo della crisi con una perdita di posti di lavoro già molto elevata, comporterebbe un ulteriore calo stimabile in parecchie decine di migliaia di addetti. In sintesi, questa proposta invece di rappresentare una spinta al rinnovo del parco, alla riduzione dell’inquinamento ed alla diffusione di veicoli a basso impatto ambientale, si tramuterebbe in un boomerang con effetti recessivi sul mercato, sull’occupazione e sulle entrate tributarie”.
Critica anche l’Unrae, l’associazione dei costruttori esteri, che per bocca del suo presidente Michele Crisci ha fatto sapere che “il provvedimento penalizza le vetture nuove e più ecologiche non favorendo il rinnovo del parco auto, perché quelle vecchie continueranno a circolare. Inoltre lo stanziamento di 300 milioni di euro è insufficiente, finirà presto”.
Contraria pure l’Anfia, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica: “Se prendiamo, ad esempio, il modello più venduto in Italia la Panda 1.2 prodotta a Pomigliano, tra le vetture non ibride con le più basse emissioni di CO2, con il nuovo sistema si pagherà un’imposta che varia dai 400 ai 1.000 euro”. E c’è preoccupazione anche nelle fila dei sindacati: “Finirà che gli operatori del settore auto e i lavoratori dovranno scendere in piazza insieme. Il governo è di nuovo riuscito a unire imprese e lavoratori nella protesta”, sottolinea il presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz.
“Dal Governo l’ennesimo schiaffo all’industria nazionale e all’ambiente. Queste norme schizofreniche sono un danno per il Paese e i lavoratori”, afferma Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl. “Gli investimenti già programmati verranno messi in discussione, e le ripercussioni saranno pesantissime per l’occupazione”, sottolinea Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim. Per il numero uno della Uilm, Rocco Palombella, “colpire il comparto dell’auto significa mettere a repentaglio decine di migliaia di posti di lavoro”. È una “misura estemporanea” anche per Michele De Palma, segretario nazionale Fiom e responsabile automotive, che chiede al governo di “non investire per pochi, ma per le auto di massa ecologiche e nel carsharing ibrido ed elettrico”.
Logicamente di altro avviso Michele Dell’Orco, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti: “Oggi abbiamo raggiunto un grande primo traguardo per un futuro a mobilità sostenibile. In legge di Bilancio abbiamo inserito, per la prima volta in Italia, degli incentivi per l’acquisto di auto a basso impatto ambientale, quindi elettriche, ibride o a metano. Si può arrivare ad ottenere un contributo fino a 6 mila euro per comprare un’auto elettrica. Non basta: grazie al meccanismo del bonus/malus le auto più inquinanti costeranno di più, perché dovranno pagare un’imposta in base alla CO2 prodotta, e dunque acquistare vetture meno inquinanti sarà anche più conveniente. E’ la rivoluzione green che avevamo promesso e che stiamo attuando, e siamo orgogliosi del Governo del cambiamento che sta consegnando all’Italia un futuro più sostenibile“.
Non mancano, tuttavia, prese di posizione contrarie al provvedimento anche in seno all’esecutivo. Dove il “no” più eccellente sembra essere quello del Ministro dell’Interno: “Io sono contrario ad ogni ipotesi di nuove tasse sull’auto che è già uno dei beni più tassati”, ha detto Matteo Salvini ai microfoni di Radio anch’io. E potrebbe essere l’unico parere ad avere un peso reale per quanto riguarda la sopravvivenza dell’emendamento stesso.