Protagonista della vicenda, riportata sul Corriere della Sera, è Giuseppe Cervino. Il 51enne è accusato di associazione per delinquere finalizzata alle false fatture in concorso con altri sei indagati. Il gruppo mobilitava capitali all'estero sovrafatturando spazi pubblicitari nei Gran Premi del mondiale di Formula Uno e di MotoGP poi riconsegnava i soldi in contanti in Italia
Nel 2006 aveva scritto un libro di testo sulle frodi fiscali. Oggi è stato fermato con l’accusa di aver “riciclato 100 milioni euro“. Protagonista della vicenda è un commercialista di origini catanesi, Giuseppe Cervino. Il 51enne, autore del saggio “Frode fiscale su attività lecite e riciclaggio di denaro. Antiriciclaggio per i professionisti” edito per Giuffrè, come riporta il Corriere della Sera, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alle false fatture e al riciclaggio ed è stato bloccato a Milano, insieme a Massimo Alvares, mentre stava per fuggire ad Antigua via Dubai.
Secondo la procura di Milano, che ha svolto le indagini, Cervino, presidente oltretutto dell’Associazione italiana sviluppo e Marketing, era un professionista della materia, non solo dal punto di vista teorico. L’uomo avrebbe infatti creato in mezzo mondo, dall’Austria alla Cina, un’efficiente piattaforma di riciclaggio ed evasione. La Procura contesta a Cervino, Alvares, imprenditore bolognese esperto in sponsorizzazioni sportive, e ad altri cinque indagati di aver messo in piedi un’associazione a delinquere che dal 2012 ad oggi sarebbe riuscita prima a mobilitare all’estero e poi a riconsegnare in Italia in contanti a decine di aziende clienti, evadendo così il Fisco, un capitale di almeno 100 milioni di euro. La somma sarebbe stata portata fuori dall’Italia tramite sovrafatturazioni di spazi pubblicitari nei Gran Premi del mondiale di Formula Uno e di MotoGP.
Secondo gli inquirenti il cuore del sistema si trovava in Austria, in una società dello stesso Alvares che comprava spazi pubblicitari per poi rivenderli con delle maggiorazioni ai clienti. Il denaro passava dall’Austria, alla Slovenia e quindi in Belize, nel Centramerica, poi a Cipro e infine di nuovo in Belize. Da qui i soldi andavano ad Hong Kong e poi in Cina. Con Pechino trafficava uno dei cinque indagati che, secondo l’accusa, assicurava i contanti (ieri ne sono stati trovati già 400mila) a Cervino che poi li distribuiva, con il supporto di Alvares, alle aziende italiane. L’idea degli investigatori è avallata da un’intercettazione nella quale il 51enne si lamenta con una complice di uno sbaglio avvenuto durante una di queste operazioni: il denaro invece di essere consegnato tramite busta sarebbe stato accreditato via bonifico. Un’operazione tracciabile e quindi potenzialmente a rischio, anche se diretta ad una società dispera a Panama.
Intanto oggi, giovedì 6 dicembre, mentre la Guardia di Finanza di Milano sta perquisendo alcune società coinvolte nelle operazioni, si tiene l’udienza di convalida dei due fermi, chiesti dai pm Gaetano Ruta e Paolo Storari.