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Tassa sulle emissioni auto: lasciate stare i poveri e le utilitarie. Il “cambiamento”? Stangare il lusso che inquina

Il governo promette modifiche sulla norma al Senato. Ma l'impianto resta quello giusto: chi non rinuncia a inquinare deve pagare (molto) di più
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Fiat Panda, Fiat 500X, Lancia Y, Renault Clio, Citroen C3, Fiat 500, Jeep Renegade, Fiat 500L, Ford Fiesta, Toyota Yaris. Sono le dieci auto più vendute in Italia nel 2018. Metà di queste sono utilitarie che – nei loro modelli base – finirebbero nelle maglie della nuova tassa prevista dal governo per le auto con emissioni superiori ai 110 g/km di Co2. Bene, quindi, hanno fatto i due vicepremier Salvini e Di Maio a rimangiarsi il provvedimento.

Ma subito dopo la marcia indietro il governo dovrebbe farsi una domanda e girarla ai costruttori: come è possibile che si lucri su automobili i cui motori hanno livelli di emissioni invariati rispetto a 20 anni fa? Una Panda 1200, cioè il livello-lamiera di quel che era il sogno automobilistico italiano, costa oggi di listino più di 11mila euro, al netto di promozioni, incentivi e rottamazioni ed emette 120 g/km, come una Opel Corsa 1000 di 15 anni fa. Per arrivare al meno inquinante turbo 900cc, il malcapitato acquirente deve aggiungere altri duemila euro.

Il perfetto capro espiatorio: sei povero, guidi un’auto inquinante e finisce che ti tassano pure.

Tolto il balzello al novello Malaussene, tuttavia, la direzione del provvedimento è quella giusta. Persino timida: stangare chi acquista auto di lusso e riformare il superbollo reinserito dal governo Monti, legandolo non solo alla potenza, ma al rapporto tra lusso e inquinamento. Hai i soldi per comprare una Porsche? Di certo li hai anche per una Tesla. Non vuoi la Tesla? Prendi la Porsche ma paghi molto di più a parità di Kw. Guidare un’auto per “gusto” è un lusso sulla pelle dell’ambiente. Cioè di tutti. I costruttori sanno che la direzione è obbligata e stanno studiando il modo di inserire nella loro gamma modelli ibridi o elettrici. Alcuni – è il caso di Volvo – ne fanno un vanto al punto da pianificare la produzione futura di soli modelli “eco-compatibili”.

Di contro, i maggiori introiti di chi non vuole rinunciare all’auto “sportiva” dovrebbero essere convertiti in incentivi al proprietario della Panda di cui sopra perché dismetta la sua scatoletta inquinante in favore di modelli più rispettosi. Ma con due consapevolezze:
1) oggi chi sceglie ibrido sceglie un’auto giapponese o coreana. Tedesca, se ha almeno 60-70 mila euro da spendere per un motore elettrico. Per comprare una italianissima 500E si dovrà aspettare il primo trimestre del 2020.
2) I danni ambientali portati dalle automobili non riguardano solo l’aria che respiriamo. Ma anche la qualità della vita nelle città che abitiamo. Non a caso, nelle grandi città il car sharing è vissuto come una liberazione. Ma resta sempre una scelta supplente rispetto a una mobilità alternativa. Quale migliore occasione per proiettare il “cambiamento” oltre la durata di una legislatura?

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