Breakfast in battello con Vittorio Sgarbi che illustrava alla sua corte di fedelissime le meraviglie architettoniche dell’impero ottomano. Davanti a tanta sapienza le signore si prostrano in segno di devozione…ed ecco coniato il termine: le inginocchiate
C’è la Turchia del pil galoppante (ma disoccupazione alle stelle). E quella che fa shopping di brand, con l’ acquisto da acquolina in bocca della Pernigotti, storica azienda torinese fondata nel 1860, un anno prima dell’unità d’Italia e fornitrice ufficiale della Real Casa, adesso destinata a trasferirsi in Turchia lasciando a casa 100 dipendenti. Mamma li turchi. E poi c’è quella di Generoso e Roberto Di Meo, inventori del format Party Itinerante. Hanno accolto i loro 800 invitati al Ciragan Palace di Istanbul, costruito tardo ottocento. Perché il sultano voleva lasciare la propria impronta architettonica piuttosto che andare a vivere nelle antiche residenze degli antenati. Un po’ come se le discendenze di Louis XIII avessero preteso ognuno di loro la propria Versailles. Lo scenario del Ciragan era sontuoso, scaloni di marmo bianco e arabeschi, terrazze spalancate sul Bosforo, la cerniera tra due mondi, occidentale e orientale. E’ questo il leit motif scelto dai De Meo brothers. Tammurriate e dervisci rotanti. Maccheroncelli veraci e dolme ripiene e speziate. Tazzulella ‘e cafè contro caffè alla turca.
Fa notare Generoso che molti termini vengono dalla lingua ottomana come casacca (da kuzak), lunga giacca militare dei cavalieri; il chiosco, da köşk padiglione del palazzo del sultano; il casinò, da cazna che significa tesoro del sultano (ancora oggi si dice in veneziano Farse el casnà, farsi il gruzzolo); il sorbetto, dal turco şerbet, ovvero bevanda fresca; il tulipano, la cui forma evoca l’enorme turbante dei dignitari imperiali, il tülbent. Per non dire, come ben noto, del caffè, in turco kave, che arriva a Istanbul dall’Etiopia sul finire del Quattrocento prima di sbarcare a Venezia e finire tra colte citazioni come “acqua negra” ( vedi sotto).
Giuseppe Colombo ha omaggiato gli ospiti con calze “Gallo” in filo di Scozia, impreziosite con stampe di fregi dorati ottomani. Edizione speciale per ribadire il concetto del made in Italy.E ne ha fatta di strada l’ “Associazione culturale De Meo Vino ed Arte”, presieduta da Generoso, già insignito dalla Camera dei deputati dell’Italian Talent Award per il suo ruolo di ambasciatore del made in Italy.
E lo chiamano l’Armani turco, visto che ha disegnato le uniformi della Turkey Airlines, compagnia di bandiera, in pieno rispolvero (tariffe da low cost, ma ottimo servizio a bordo…) Ettore Bilotta, couturier milanese, che veste di abiti fruscianti con gioco di veli, dame e sultanine del jet set turco.
Ma la festa non è finita. Anzi comincia adesso. Nel senso che già sono iniziati i preparativi per il prossimo ballo. Dove? Quando? Ogni anno scartate una marea di location. Per la diciotessima edizione (ebbene sì, il Gala Di Meo diventa maggiorenne) la partita se la giocano il magico Oman e una capitale nordica dalle cangianti sfumature dell’aurora boreale. Le signore quatte quatte già si informano della futura destinazione. Pronte a mettere in atto tecniche dell’imbucarsi. Così fan tutte (quasi).
“Hanno i Turchi costumi molto differenti dai nostri, anzi molti, bisogna dire, in tutto contrari … portare li morti a seppellire senza luminari … vestirsi con la camicia fuori del calzone, e tante altre cose che sarebbe troppo lungo a narrarle… costumano molti, per poter vivere allegri, di bere ogni mattina una certa ‘acqua negra’ fatta con l’oppio la quale suole levarli da ogni pensiero, ed insieme dal buon sentimento”.
Costantino Garzoni, 1573
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