Ho partecipato a tante manifestazioni No Tav, ma non ricordo l’ultima. In effetti sono alcuni anni che non sono della partita, ma non perché non ci creda più, tutt’altro. Solo perché sto troppo male a vedere la montagna stuprata da un macchinario infernale indegnamente definito “talpa”. Per cosa poi? Per il nulla. Nulla che giustifichi l’opera. Per un’opera che non esiste.

Come diceva il collettivo Wu Ming: “Le grandi opere servono solo a chi le costruisce, l’importante è far girare avanti e indietro i camion del movimento terra e far girare le betoniere, come spiedi su un fuoco spento. Farle girare a ogni costo. Tanto, mentre i profitti sono privati, le perdite le paghiamo tutti. Un capitalismo morto-che-cammina, con la carne che si disfa, simile a fanghiglia, e un tanfo di marciume che si sente da lontano, ma tutti lo respirano facendo gli gnorri”.

Un nulla ma ben militarizzato. Un nulla che ha compattato la sinistra e la destra in questi decenni. Un nulla che ha visto i mass media lodare l’opera che toglierà Torino dall’isolamento, che porterà benessere, che farà aumentare il Pil, che blablabla. Un nulla che ha smascherato il vero volto di tanti, troppi giornalisti che all’epoca del Movimento avremmo definito “servi del potere”. Quel nulla conclamato delle madamin paladine Sì Tav, con la loro frase esemplare: “posso assolutamente dire che non siamo, né io né le altre organizzatrici, competenti per poter entrare nel merito degli aspetti tecnici e ambientali dell’opera”. Un nulla però enorme, ricco e potente, un Golia contro cui in questi anni ha combattuto Davide: alcune migliaia di persone della Valle e non, che proprio non ci stanno a veder realizzata una minima parte di quel corridoio 5 che non esiste. Esattamente come il nulla.

Sabato ci sarò anch’io in piazza, a manifestare contro il nulla. So già che incontrerò tante facce note, un po’ invecchiate, e molte facce nuove. Alcuni che non erano neppure ancora nati quando già si parlava del nulla. Tutti contro il nulla. Come se si fosse dentro La storia infinita, convinti che la vicenda finisca bene come finisce lì.

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La memoria serve per il futuro? Quattro date da ricordare per una convivenza civile

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