Non solo la Chiesa è chiamata a rimborsare l’Ici ai Comuni. Anche alle “cattedrali” in mare dell’Eni è stato notificato il pagamento delle imposte municipali degli anni passati da parte del Comune di Falconara Marittima, cittadina a pochi chilometri da Ancona. Si tratta di piattaforme marittime, di proprietà dell’Eni per l’appunto, a cui il Comune ha chiesto gli arretrati dei tributi Imu/Ici, per una partita da 2,2 milioni di euro per ogni anno contestato. La multinazionale petrolchimica non si è trovata d’accordo e ha contestato la richiesta alla Commissione Provinciale Tributaria di Ancona che però alla fine ha dato ragione all’amministrazione comunale per il 2010, mentre si attende ancora l’esito per il 2011 anche se il fatto che il relatore sia lo stesso suggerisce che una sorpresa sia poco probabile. A Eni resta la strada dell’appello in commissione tributaria e poi ancora del ricorso in Cassazione.
La sentenza della commissione tributaria definisce intanto il ricorso della società petrolifera “infondato” e cita proprio una pronuncia della Cassazione del 2015: “Nel merito della sottoposizione al tributo – si legge nella sentenza – appare evidente l’orientamento ormai consolidatosi in materia che afferma la soggezione ad Ici delle piattaforme petrolifere”, sottolineando come il tributo sia “uno dei pochi che il Comune può definire come ‘proprio’ e, come nella fattispecie accade, con un gettito non indifferente”.
Il Comune è pronto a trattare, dice la sindaca di Falconara Stefania Signorini, in carica da giugno, dopo essere stata vicesindaco e assessore. Ma assicura: “Procederemo nella richiesta delle annualità dovute, finché ce lo consente la normativa”. Tra Comune e Eni non c’è stato ancora nessun incontro. “L’accertamento – spiega la sindaca – è partito nel 2009 e riguarda 10 piattaforme Eni. I nostri uffici stimano sia dovuta al Comune la cifra di circa 2 milioni e 200mila euro per ogni annualità d’imposta. Siamo una realtà su cui insistono varie strutture critiche a livello ambientale e vediamo quindi in questo una sorta di risarcimento legittimo per ciò che viviamo territorialmente”.
Eni la vede diversamente. “Alla luce della normativa vigente che esclude gli impianti e dell’interpretazione da parte del dipartimento delle Finanze, Eni ritiene che non ci siano i presupposti per il pagamento dell’Imu per le piattaforme a mare. Riguardo alla vicenda relativa al Comune di Falconara, Eni ritiene che il pagamento dell’imposta non sia dovuto, visto che le piattaforme si trovano in acque extra territoriali, vale a dire al di fuori dei confini italiani”. L’Eni fa leva sulla legge di Stabilità del 2016 del governo Renzi che ha scritto la parola “fine” alla liceità delle richieste a venire, con buona pace dei Comuni, di fatto riconoscendo l’esenzione dall’imposta per i cosiddetti “imbullonati” (ovvero impianti ancorati ma che, allo stesso tempo, possono essere smontati, trasferiti, ceduti o sostituiti).
D’altra parte la partita non interessa solo al Comune marchigiano. Secondo i dati del ministero dello Sviluppo aggiornati al 26 febbraio 2018, le piattaforme marine in Italia sono in totale 138 (più 3 unità galleggianti di stoccaggio temporaneo), di cui 94 quelle entro il limite delle 12 miglia ossia in acque territoriali nazionali. In gran prevalenza sono riferibili a Eni, alcune a Eni Mediterranea Idrocarburi e poche altre a Edison. Solo nella cosiddetta “Zona A” – in cui si trovano Falconara, Fano, Ravenna Mare, Rubicone (sopra Rimini) e Casal Borsetti (Valli di Comacchio) – le piattaforme sono 77 e solo a Falconara 23.
Il Comune di Falconara, per voce del primo cittadino, ha riferito che il computo dei suoi uffici ha coinvolto 10 di queste piattaforme (quindi 13 in meno rispetto a quelle che risultano al Mise). “Ci stiamo muovendo in un tavolo di confronto anche con il Comune di Ancona, che intende seguire la nostra strada” dice la sindaca Signorini. Il rischio, insomma, è quello di un effetto domino.