Non hanno dubbi gli investigatori che indagano sul rapimento di Silvia Romano, la volontaria 23enne italiana sequestrata in Kenya lo scorso 20 novembre: la giovane è ancora viva e le forze dell’ordine stanno stringendo il cerchio attorno ai rapitori. La task force formata da polizia e esercito ha isolato l’area del Parco Nazionale di Boni, a circa 400 chilometri da Chakama, luogo in cui è avvenuto il sequestro, e le aree confinanti delle contee di Lamu, Garisa e Tana. “Finora le operazioni sono state ostacolate dalle condizioni meteo avverse e dalla rete stradale”, ha spiegato il comandante regionale Bernard Leparmarai. “Non posso fare ulteriori commenti sulle indagini – ha aggiunto -. Lasciamo che la polizia faccia il proprio lavoro. Continuiamo a pensare che i rapitori siano criminali dediti all’estorsione. Potrebbero pensare di vendere la ragazza ai terroristi di al-Shabaab“.

Sempre secondo le indagini, i sequestratori si rifugiano nelle ‘manyatta‘, comunità formate da gruppi di capanne, nella foresta della regione di Garsen. “I rapitori sono nella contea del fiume Tana e hanno difficoltà a reperire mezzi di trasporto. Due loro motociclette, che sono state recuperate dalla polizia, si sono rotte nella foresta”, ha raccontato una fonte anonima al quotidiano The Nation, escludendo che il gruppo possa essere arrivato in Somalia. “Sospettiamo che si siano nascosti nella foresta, aspettando che il caldo diminuisca per potersi spostare”, ha aggiunto. L’8 dicembre, come ha riferito la Ntv, la polizia ha catturato un ufficiale del Kenya Wildlife Service, il servizio parchi. Il sospetto è che lui, il fratello e un sergente del Kws, Abdullahi Billee, già presi in precedenza, abbiano legami con i rapitori.

 

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