Oggi è il 70 esimo anniversario della Dichiarazione dei diritti umani, ma c’è ben poco da festeggiare. Una Dichiarazione presa a picconate da più parti, non solo da Stati autoritari, ma anche da democrazie.
Pensiamo alla nostra “civile” Italia, che insieme a tanti altri Paesi europei, si è impegnata a chiudere le frontiere e a rendere più difficili i salvataggi in mare, mettendo a rischio di vita uomini, donne e bambini (l’ultima strage pochi giorni fa, 14 migranti morti di fame e freddo su un barcone alla deriva). Pensiamo al decreto Sicurezza che affossa ogni speranza di integrazione, lavoro e studio per chi ha la sola colpa di essere povero e immigrato. Pensiamo a Becky Moses e Suruwa Jaithe, due giovani migranti morti carbonizzati in uno dei più grandi ghetti d’Italia.
I diritti umani vengono quotidianamente calpestati non solo dalle politiche migratorie, ma anche dalla cecità dei governanti sul piano ambientale. I cambiamenti climatici mettono in grave pericolo tantissime persone, aumentando i profughi ambientali. Il cambiamento climatico si profila come il più grave crimine contro l’umanità che sia mai stato perpetrato. Eppure i governanti sembrano infischiarsene: dopo gli Stati Uniti di Donald Trump (che si sono ritirati dagli accordi di Parigi), la Russia (che non ha ancora ratificato), anche la Polonia si tira indietro, rischiando di trascinare molti altri con sé.
La coscienza ambientale scarseggia anche tra i cittadini, così come dimostra la reazione dei gilet gialli all’aumento del carburante. E’ pur vero che l’esasperazione del popolo francese è esplosa quando i programmi ambientalisti sono stati imposti insieme alla distruzione dello Stato sociale. Niente di più errato: l’ecologia non può essere disgiunta dai diritti sociali dell’uomo ovvero diritto alla scuola e alla sanità pubblica, diritto al salario minimo, al lavoro equo, diritto alla qualità della vita, alla tassazione progressiva… diritto alla mobilità sostenibile.
Non esiste però un diritto all’uso dell’auto. Se un diritto non si può estendere a tutte le altre persone non è un diritto ma un privilegio. Guidare un’auto, soprattutto un’auto inquinante, posteggiarla, pretendere strade e posteggi, cemento su cemento, non è un diritto ma un privilegio: non può essere ragionevolmente esteso a tutti gli esseri umani e confligge col diritto alla sopravvivenza. Il biossido di azoto, inquinante collegato ai diesel in particolare, in Italia è responsabile infatti di oltre 17mila morti premature l’anno.
Spostarsi in bici, a piedi, coi mezzi pubblici è invece un diritto che va difeso e garantito.
Un emendamento approvato dalla commissione Bilancio della Camera, prevede incentivi all’acquisto di vetture elettriche e tasse per quelle inquinanti. Finalmente chi inquina paga (concetto piuttosto nuovo in Italia, estraneo ai più e contro cui la gente si sta strappando i capelli), ma purtroppo si incentiva solo l’auto elettrica. Come dice Giulietta Pagliaccio, presidente Fiab: “Sono senz’altro meno inquinanti dei diesel, ma le e-car risolvono davvero il problema di vivibilità, di ingorghi e di qualità della vita nelle nostre città? Lo chiediamo di nuovo, dove sono finiti dunque i soldi per la mobilità ciclistica?”. Sembra infatti che nella legge di Bilancio non siano previste risorse per il trasporto pubblico locale e per quello dei pendolari. Poco o nulla si fa per rendere le strade più sicure a chi va a piedi o in bici, per rendere più economici e capillari treni e bus, per incentivare la gente a sbarazzarsi dell’auto senza comprarne una nuova, nessun accenno neppure al bike to work.
Dopo l’ennesimo incidente sulle strade di Roma, dove ha perso la vita un uomo di 60 anni che andava al lavoro in bicicletta, dobbiamo affermare con convinzione che anche la sicurezza sulla strada è una questione di diritti umani: un paese di 3500 persone ogni anno scompare. Uno stillicidio continuo, che ci sembra normale, fatale e ineluttabile. Sulle nostre strade le vite degli esseri umani si spengono, dilaniate da tonnellate di lamiera lanciate a velocità disumane. 3500 persone che perdono la loro vita, il diritto più prezioso che hanno, per un futile, terribile privilegio: quello dell’auto privata ad ogni costo, per ogni individuo.