Le indagini sulla Lega si moltiplicano. Anche la procura di Bergamo indaga sul partito di Matteo Salvini: l’ipotesi secondo la Stampa è di finanziamento illecito. Il fascicolo è a modello 44, cioè senza indagati, ed è stato aperto l’estate scorsa in relazione alle dichiarazioni del costruttore Luca Parnasi, arrestato il 13 giugno scorso. L’imprenditore romano, considerato il gran elemosiniere di soldi e favori a tutti i partiti, ha raccontato qual era il sistema di finanziamento ed essendo a Bergamo la sede dell’associazione Più voci che, stando alle indagini, ha incassato 250mila euro, la procura lombarda ha aperto un fascicolo. Non è quindi iscritto, come riportava il quotidiano di Torino, il tesoriere della lega Giulio Centemero. Contemporaneamente gli inquirenti genovesi accelerano sull’ipotesi di riciclaggio su cui indagano da gennaio. E così oggi gli uomini della Guardia di Finanza – come riporta L’Espresso – sono arrivati nella città lombarda a prendere documenti. Nel mirino delle Fiamme Gialle lo studio di due commercialisti in via Angelo Maj 24.
I professionisti, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, sono legati a doppio filo al tesoriere perché il primo è direttore amministrativo e il secondo revisore dei gruppi parlamentari. Ma tutti e tre sono fondatori dell’associazione Più voci. In via Maj hanno anche sede sette società (nate quasi tutte tra 2014 e 2016), tra queste la Growth and challenge di cui è amministratore unico Centemero; a 4 anni dalla costituzione risulta inattiva. La società guidata dal cassiere leghista, come le altre, è controllata attraverso fiduciarie italiane e holding lussemburghesi. Le azioni erano in mano a una società italiana, la Seven, a sua volta controllata dalla Sevenbitche come presidente del cda vede Lazzari. Quello della Arc Asset dove si è presentata la Finanza nei giorni scorsi in Lussemburgo. Dove gli inquirenti avevano già provato, a giugno, a cercare quei 49 milioni di euro che anche per i giudici d’appello di Genova vanno confiscati. Soldi, secondo l’accusa, accumulati grazie alla truffa sui rimborsi elettorali ottenuti grazie bilanci pieni di anomalie. L’ipotesi degli inquirenti è che l’associazione culturale leghista sarebbe usata come per acquisire donazioni senza farle passare di conti del partito e quindi sottrarli alla giustizia.
L’inchiesta di Genova per riciclaggio
La procura di Genova indaga sull’ipotesi di riciclaggio da mesi. In estate i pm hanno nominato gli ispettori della Uif, Unità di informazione finanziaria di Bankitalia, consulenti per districarsi nel labirinto che dal Lussemburgo dove gli investigatori sono tornati nei giorni scorsi dopo aver cercato tra la documentazione e l’archivio informatico sequestrati durante le perquisizioni a giugno nella sede della banca Sparkasse. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la Sparkasse aveva trasferito in Lussemburgo in un fondo fiduciario 10 milioni di euro, subito dopo le elezioni del 4 marzo, l’autorità lussemburghese ha bloccato per dieci giorni il trasferimento di tre milioni di euro dal Granducato all’Italia e informato i colleghi italiani sul sospetto dell’operazione che potrebbe essere riconducibile ai conti del partito leghista. Della movimentazione viene anche informata la magistratura genovese che già a gennaio aveva aperto l’inchiesta per riciclaggio dopo l’esposto di Aldovisi. La Sparkasse però sostiene che quei 10 milioni di euro sono solo dell’istituto bancario e che il trasferimento è legato a ordinarie operazioni di investimento. Il sospetto degli investigatori delle Fiamme gialle è che quello possa essere una parte del tesoro e contemporaneamente stanno esaminando l’intreccio di società, associazioni e fiduciarie che sono state create durante il processo a Bossi, Belsito e i revisori. Tra cui la Più voci.
L’inchiesta di Roma per finanziamento illecito
Centemero è invec indagato a Roma in concorso con il costruttore Luca Parnasi considerato il grande elemosiniere di favori e soldi a tutti i partiti e arrestato il 13 giugno scorso nell’ambito dell’indagine sulla costruzione del nuovo stadio di Roma. Il filone riguardante il finanziamento illecito ai partiti era stato stralciato con la chiusura indagine ma l’indagine prosegue nella capitale. I pm romani avevano iscritto anche il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi e in questa tranche è indagato, per corruzione, l’ex capogruppo degli M5s in Campidoglio, Paolo Ferrara, autosospesosi dal Movimento, al quale Parnasi avrebbe fornito utilità e in particolare un progetto per la riqualificazione del lungomare di Ostia. Bonifazi è allo stesso tempo presidente della Fondazione Eyu e tesoriere del partito. Simmetricamente Giulio Centemero è tesoriere della Lega e presidente dell’associazione Più Voci. Il reato di corruzione contestato a Ferrara, punito con una pena più alta rispetto al finanziamento illecito, radica a Roma questo filone di inchiesta.
L’intercettazione tra Parnasi e il commercialista
A mettere nei guai gli amministratori dei due partiti la conversazione intercettata il 14 febbraio 2018 all’interno gli uffici di Parnasi tra il costruttore e il suo commercialista Gianluca Talone e riportata dai carabinieri in una informativa: “Parnasi incarica Talone di eseguire delle operazioni sui conti societari citando alcuni partiti politici quali destinatari dei movimenti bancari”. Effettivamente Parnasi parla di Lega non di Più Voci. I carabinieri trascrivono: “Luca dice che ‘Lega erano 100 e 100 (…) ne facciamo 100 su Pentapigna qua e 100 qua per quello possiamo utilizzare società nostre’. Gianluca Talone dice ‘allora considera che sono io ho capito quello che fanno per come la strutturiamo loro faranno eh una sul giornale e un’altra sul (incomprensibile) telefoniche’”. Il senso della conversazione è che Parnasi vuole dare 200mila euro alla Lega due settimane prima del voto ma poi “loro” li useranno per i media leghisti. Poi il dialogo prosegue sul medesimo tema per altre sigle politiche. Scrivono i carabinieri: “Luca chiede ‘con Forza Italia c’hai parlato?’ e Talone conferma, poi Luca dice ‘Fratelli d’Italia?’ e Gianluca ‘già fatto sì l’amministratore lo ho controllato’ e poi Luca dice ‘il Pd lo incontro io domani, e questo è fatto’”. La dazione a Più Voci nel 2018 non è stata fatta. Però un mese dopo, il 26 marzo 2018, un giornalista del settimanale L’Espresso chiama per chiedere conto a Parnasi di una precedente donazione del 2015, pari a 250 mila euro in due tranche da 125 mila, alla Onlus Più Voci che ha una particolarità: il suo presidente, Centemero, è il tesoriere della Lega. Quando il giornalista scopre la cosa e sta per scrivere l’articolo, il commercialista Talone propone a Parnasi la contromisura: “Cerchiamoci una giustificazione, perché è stata fatta l’erogazione liberale!”. E Parnasi: “Possiamo giustificare che abbiamo un progetto ex post! Se no bisognerebbe incontrarli domattina, capito? Dovremmo fare… se tanto firmo io basta fare un pezzo di carta” e poi aggiunge “posso chiamare Giulio Centemero, è il braccio destro!” poi ci ripensa “Andrea (Manzoni, commercialista anche lui membro del consiglio dell’associazione Più Voci come il suo collega di studio Centemero, Ndr) va benissimo! Chiama Andrea da un fisso ufficio, e dici ‘Senti, ci ha chiamato L’Espresso!”.
La legge sul contributo ai partiti e la registrazione nel bilancio
La legge impone di registrare nel bilancio delle società commerciali che donano al partito, anche indirettamente, anche tramite una sua articolazione, il contributo. Se il privato che dona e il partito che riceve non dichiarano la dazione nel bilancio e alla Camera, incorrono nel reato di illecito finanziamento. In questo caso la Procura sospetta che la Onlus del presidente Centemero possa essere usata per una dazione indiretta al partito del tesoriere Centemero. Al Fatto Quotidiano il deputato aveva dichiarato fa che nessuno gli chiese di fare una documentazione ex post retrodatata. E che sui 250 mila euro “non c’è nulla di illegale perché la ‘Più Voci’ utilizzava i fondi per la sua attività istituzionale. Non un centesimo è andato alla Lega Nord. Parnasi – ha detto – me l’ha presentato Giancarlo Giorgetti. L’ho visto qualche volta nell’arco di tre anni”. E i due contributi da 125 mila euro? “Ne ha parlato con me”. Ora c’è un nuovo filone di inchiesta ed è sempre una questione di denaro.