Stamattina la Corte di giustizia europea si è pronunciata positivamente sulla revocabilità unilaterale della notifica di recesso dall’Unione da parte di uno Stato membro, secondo l’articolo 50 del trattato sull’Unione Europea.
Queste le conclusioni della Corte: “L’articolo 50 TUE deve essere interpretato nel senso che, qualora uno Stato membro abbia notificato al Consiglio europeo, conformemente a tale articolo, la sua intenzione di ritirarsi dall’Unione europea, tale articolo consente a tale Stato membro – fino a quando un accordo di ritiro concluso tra tale Stato membro e l’Unione europea non è entrato in vigore o, in mancanza di tale accordo, per il periodo di due anni previsto all’articolo 50 (3) TUE, eventualmente prorogato conformemente a tale paragrafo, non è scaduto – di revocare unilateralmente tale notifica, in modo inequivocabile e incondizionato, mediante comunicazione scritta indirizzata al Consiglio europeo, dopo che lo Stato membro interessato ha adottato la decisione di revoca conformemente alle sue norme costituzionali. Lo scopo di tale revoca è quello di confermare l’appartenenza all’UE dello Stato membro interessato in base a termini che rimangono invariati per quanto riguarda il suo status di Stato membro. La revoca pone fine alla procedura di recesso”.
La decisione della Corte [qui il testo] ci dice che gli Stati membri dell’Unione Europea sono liberi di esercitare la loro sovranità. Si può lasciare l’Ue? Nulla lo impedisce. Si può restare nell’Ue? Nessuno può opporsi. I diritti e le responsabilità relative si assumono solo su base volontaria.
C’è una certa ironia in questo giudizio che riconosce pienamente la sovranità degli Stati membri: non è forse quella stessa sovranità che, secondo i sostenitori della Brexit, sarebbe stata sottratta dall’Unione europea ai singoli Stati? Da questo punto di vista risulta assai curiosa la prima reazione del grande vincitore del referendum del 2016, l’ex leader dell’Ukip, Nigel Farage, appena appresa la notizia di stamattina: “Nessuna sorpresa – ha scritto – continua la congiura per fermare la Brexit”.
No surprise there, the collusion to stop Brexit continues. https://t.co/aqiVREltBM
— Nigel Farage (@Nigel_Farage) 10 dicembre 2018
Non sembra soddisfatto Farage, non si rallegra, eppure la Corte lascia qualsiasi decisione nelle mani dei rappresentanti del Regno Unito, a patto che lo facciano in conformità con le loro norme costituzionali. Padroni in casa loro, dunque, senza condizionamenti o veti esterni, padroni di scegliere il metodo migliore per realizzare la volontà popolare: con il vecchio referendum, con un nuovo referendum, con una legge ad hoc, con nuove elezioni. Unica condizione, il rispetto delle norme costituzionali del Regno Unito.
La Corte è stata imparziale, non ha dato pieghe politiche alla sua decisione, non ha accolto la pretesa di assoggettare la revoca dell’intenzione di recedere all’approvazione unanime del Consiglio europeo perché “tale requisito trasformerebbe un diritto sovrano unilaterale in un diritto condizionato soggetto a una procedura di approvazione” e “Tale procedura di approvazione sarebbe incompatibile con il principio […] secondo cui uno Stato membro non può essere obbligato a lasciare l’Unione europea contro la sua volontà”.
Si è invece mantenuta fedele ai principi del contesto dell’articolo 50, quelli del Trattato sull’Unione Europea (TUE) e del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), da cui risulta che i trattati “hanno come scopo la creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli d’Europa” e che “l’Unione europea mira a eliminare le barriere che dividono l’Europa”.
La palla quindi passa ora ai britannici che, senza riconoscerlo, l’avevano sempre avuta in mano: sta a loro decidere. I fautori della Brexit da oggi sanno che, nel caso non votassero a favore dell’accordo della signora May, che ritengono troppo soft, si apre una nuova possibilità, cioè quella di restare nell’Ue alle stesse condizioni precedenti alla notifica di recesso: a loro la scelta. Forse sarebbe preferibile uscire con un accordo sgradito piuttosto che tornare al punto di partenza? Votino a favore dell’accordo!
Il 29 marzo non è lontano, il tempo per un nuovo referendum non c’è, ma si può chiedere al Consiglio europeo la proroga prevista dall’articolo 50: i remainers la chiedano! Se il Consiglio si pronuncerà positivamente ci sarà anche il tempo per un nuovo referendum.
L’unica cosa certa, al momento, è che il 29 marzo 2019, se non si prende una qualsiasi decisione, il Regno Unito sarà fuori dall’Ue senza nessun accordo. Forse sarebbe il momento di assumere i propri rischi in Parlamento, prendendo una posizione chiara, pensando molto al bene del Paese e un po’ meno alla possibilità di essere rieletti.