“Andatevene, qua comandiamo noi”. Ha uno sfollagente in mano lo squadrista e con lui i suoi amici sono tutti armati: hanno manganelli, guanti da motociclista con rinforzi alle nocche e catene. È il 21 settembre, per le vie di Bari sfila una manifestazione antifascista. Contemporaneamente, però, sono stati chiamati a raccolta da tutta la Puglia i neofascisti che rispondono all’appello e affollano la sede di CasaPound in via Eritrea, nel quartiere Libertà. A raccontarlo è la Procura di Bari che ha ricostruito con il supporto della Digos quanto accaduto quella sera. Nell’inchiesta sono indagate 35 persone: 30 militanti del movimento di estrema destra e cinque antifascisti. Gli appartenenti a CasaPound rispondono tutti di riorganizzazione del disciolto partito fascista e manifestazione fascista e dieci di loro di aver materialmente compiuto l’aggressione. Mentre cinque antifascisti sono accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale.
L’aggressione che si è consumata alla fine della manifestazione, quando il corteo si stava snodando, è stata ripresa dalle telecamere di video sorveglianza. Il gip scrive che proprio da queste immagini emerge come l’azione violenta sia stata unilaterale e commessa da parte di un gruppo di uomini provenienti dalla sede di CasaPound che hanno raggiunto un altro gruppo che – a fine corteo – si era fermato a pochi metri da via Eritrea. Il primo è stato aggredito alle spalle con un pugno in testa. Poi è scattata la rissa. L’aggressione di gruppo, sempre immortalata dalle telecamere, è durata per alcuni minuti durante i quali la violenza degli squadristi si è scatenata anche nei confronti dei passanti. Al termine della quale il gip definisce una “spedizione punitiva” hanno poi fatto ritorno in gruppo in via Eritrea, da dove erano arrivati.
Secondo i magistrati era stato premeditato. A confermarlo è la massiccia presenza di militanti che quella sera era presente nelle sede di Bari, “una sorta di chiamata a raccolta da parte dei militanti pugliesi di CasaPound, i quali hanno presidiato la loro sede barese, pronti a cercare occasioni di scontro e ad aggredire i loro avversari politici ricorrendo alla violenza organizzata e di gruppo e senza disdegnare l’impiego di armi, con metodologie evocative dello squadrismo e, quindi, nel più classico dei cliché propri delle ideologie di matrice neofascista, cui sembrano effettivamente ispirarsi”.
Nella sede barese di CasaPound gli investigatori hanno trovato materiale chiaramente riconducibile a ideologie di matrice nazi-fascista: un busto di Benito Mussolini, una bandiera con un fascio littorio giallo su sfondo nero e una bandiera raffigurante l’effige della “X Flottiglia MAS”. Nelle abitazioni degli indagati sono stati rinvenuti libri e oggettistica varia riguardante il periodo nazi-fascista. Ma anche testi come “Hitler e il terzo millennio”, “Nazismo”, “Se non ci conoscete – racconti squadristi”, “Morire col sole in faccia”, “La dottrina del fascismo”.
Secondo i magistrati, “l’indole violenta e aggressiva dimostrata nell’occasione dagli indagati, legata a ragioni di estremismo ideologico e politico e caratterizzata anche dalla loro capacità organizzativa, induce a ritenere concreto il pericolo che, ove si presentino occasioni analoghe, legate a manifestazioni di pensiero a loro ‘sgradite’, possano tornare a utilizzare l’immobile in questione quale base operativa per sferrare simili aggressioni organizzate. Si tratta di pericolo non solo concreto ma anche pienamente attuale, dovendosi considerare che i fatti delittuosi per cui si procede sono stati commessi in tempi assai recenti”. La sottrazione dell’immobile è quindi per la Procura di Bari “necessaria a evitare il pericolo concreto e attuale che costoro possano tornare a sfruttare tale luogo di aggregazione, facendone la sede da cui pianificare, organizzare e realizzare analoghe manifestazioni di violenza”.