Hanno chiesto di archiviare l’indagine sul depistaggio di via d’Amelio. È quello che ha fatto la procura di Caltanissetta chiedendo al gip di chiudere il fascicolo ancora aperto sull’inquinamento della prima inchiesta sulla strage che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e a cinque agenti di scorta. La richiesta riguarda quattro poliziotti del pool che indagò sugli attentati del ’92: Giuseppe Antonio Di Ganci, Giampiero Valenti, Domenico Militello e Piero Guttadauro.
I quattro erano accusati di concorso in calunnia: avrebbero costruito ad arte a tavolino una finita verità sulla fase esecutiva della strage imbeccando falsi pentiti. come Vincenzo Scarantino, e costringendoli ad accusare persone, che però erano innocenti. La stessa accusa contestata ad altri tre poliziotti, i funzionari Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo: per loro, però, la stessa procura di Caltanissetta ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio. I tre sono sotto processo davanti al tribunale nisseno.
A svelare il depistaggio dell’inchiesta, costato l’ergastolo a otto mafiosi poi rivelatisi estranei ai fatti, è stato Gaspare Spatuzza, che ha ricostruito le fasi esecutive della strage. I pm di Caltanissetta hanno riaperto l’inchiesta, scoprendo che quando denunciato dal falso pentito Scarantino negli anni scorsi aveva una base di verità: le sue dichiarazioni, infatti, sarebbero state pilotate dai tre poliziotti attualmente a processo. Gli imputati, secondo l’accusa, avrebbero addirittura favorito Cosa nostra: un’accusa pesantissima che si è tradotta con la contestazione ai tre del reato di calunnia in concorso aggravata dall’aver favorito la mafia. Al processo, oltre a diversi familiari delle vittime della strage, si sono costituti parte civile gli otto condannati ingiustamente per l’eccidio, poi assolti in revisione, che hanno chiesto 50 milioni di risarcimento del danno.