Il ridimensionamento del sistema dei piccoli centri gestiti dai Comuni e l’abolizione della vecchia protezione umanitaria sono le variabili che avranno l'impatto maggiore. Per i critici del decreto il timore è che, alla fine dei conti, l’effetto sia duplice: forte aumento degli irregolari e immediato aumento delle persone costrette a vivere in strada
Il primo indiscutibile effetto del decreto sicurezza appena entrato in vigore è aver reso più incerto sia per gli operatori sia per i migranti il sistema di accoglienza. “C’è una situazione di indefinitezza – spiega Daniela Di Capua, direttrice del Servizio centrale dello Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati), cioè fino all’attuale governo il sistema d’accoglienza “ordinario”- è molto chiaro cosa non possiamo più fare, ma non altrettanto quello che possiamo fare. Dovrebbe esserci un nuovo decreto ministeriale, ma non si sa quando, né come sarà fatto”. Arriverà a giorni, spiegano dal Viminale.
Per vedere in effetti quanto Matteo Salvini con il suo decreto sia riuscito a smontare il modello precedente – con il dichiarato intento di ridurre il numero dei migranti titolari di forme di protezione per stare in Italia- serviranno ancora dei mesi. La revisione del sistema Sprar e l’abolizione della vecchia protezione umanitaria sono le variabili che avranno il ruolo maggiore. Per i critici del dl il timore è che, alla fine dei conti, l’effetto sia duplice: forte aumento degli irregolari e immediato aumento dei migranti costretti a vivere in strada.
Di questa seconda categoria fanno parte i migranti che stavano accolti nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e che hanno ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari prima del 5 ottobre, data di abrogazione di questa vecchia categoria. Oggi l’umanitario è sostituito da un permesso “speciale” concesso a vittime di tratta, persone che subiscono sfruttamento lavorativo, casi medici (la tipologia più vaga) e persone con meriti civili. “Sono casi che rientrano più nella sfera sociale che in quella del diritto d’asilo”, commenta Di Capua, che ancora non sa quindi che numeri deve aspettarsi per lo Sprar, dove andranno accolte queste persone.
Che cosa succede, intanto, a chi è stato giudicato dalle Commissioni territoriali – gli organi che concedono l’asilo – secondo le vecchie regole? Il Viminale spiega in una nota che il decreto sicurezza non è retroattivo, quindi chi è parte di un percorso di accoglienza, che sia Sprar o che sia Cas lo porterà fino al termine, cioè al momento in cui la Commissione territoriale si pronuncerà sul suo caso. Chi ha ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari prima del 5 ottobre e stava in un Cas è finito in strada: le nuove regole dello Sprar, infatti, impediscono la presa in carico, che invece era prevista in passato (almeno fino all’esaurimento dei posti).
Quanti sono i migranti in questa situazione? “Migliaia”, stima Di Capua, mentre dal ministero non forniscono dati più precisi. L’assessore alle Politiche sociali di Milano Pierfrancesco Majorino sostiene che solo nel capoluogo lombardo sono 240, ossia (stime al ribasso) poco più del 10% circa dei migranti accolti in Sprar e Cas cittadini in un anno (stime Eupolis ad aprile 2018: 3128 migranti in città). Con una proiezione della stima su tutta Italia, l’ordine di grandezza che si ottiene è 12 mila persone. Una cifra plausibile, per quanto imprecisa.
La posizione del Viminale è che in realtà non tutti sarebbero stati accolti nello Sprar e che quindi l’effetto del decreto è solo quello di rendere più efficace la scelta di chi ha diritto di proseguire l’accoglienza. “Le verifiche all’interno del sistema di accoglienza vengono fatte periodicamente: è sempre stato così, visto che si tratta di un servizio pagato con soldi pubblici ed è doveroso controllare se il denaro viene speso correttamente (cioè per chi ne ha diritto)”, spiega il ministero in una nota.
Però al Servizio Centrale dello Sprar resta il problema di capire che cosa ne sarà dell’intero programma d’accoglienza così come immaginato fino ad oggi. Infatti è possibile in futuro che i posti previsti all’Interno dello Sprar si riducano rispetto ai circa 30mila di oggi. La graduatoria dei Comuni che volevano ampliare i loro progetti Sprar o entrare nel sistema attende da luglio di essere pubblicata. Il decreto ministeriale che prevedeva due “chiamate” all’anno – una a luglio e una a settembre – è stato abrogato con il nuovo decreto Salvini. Senza graduatorie non è nemmeno possibile sapere quanto sarà il budget stanziato per lo Sprar. La posizione del ministero dell’Interno è che ancora si sta valutando l’impatto della forte riduzione degli sbarchi, diminuiti dell’87% in un anno. Probabile, quindi, un effettiva riduzione dei posti.