Lo scrive la quinta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 26 novembre, ha accolto il ricorso di Marcello Pittella contro le esigenze cautelari a suo carico, accogliendo il ricorso presentato dal professor Franco Coppi e dall’avvocato Donatello Cimadomo
Il tribunale del Riesame di Potenza “non ha individuato elementi indiziari dai quali desumere che Pittella abbia fatto sorgere” o “rafforzato il proposito criminoso nei coindagati”; non è motivato nell’ordinanza il pericolo di inquinamento delle prove e quanto al pericolo di reiterazione, basato sulla possibilità di ricoprire nuovi incarichi, il giudice non può spingersi fino a “ritenere adeguata una misura cautelare per comprimere l’esercizio del diritto costituzionale di elettorato passivo”.
Lo scrive la quinta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 26 novembre, ha accolto il ricorso di Marcello Pittella contro le esigenze cautelari a suo carico, accogliendo il ricorso presentato dal professor Franco Coppi e dall’avvocato Donatello Cimadomo. Secondo l’accusa, Pittella da governatore della Regione Basilicata avrebbe istigato i suoi coindagati a pilotare concorsi e nomine nella sanità lucana a favore dei candidati a lui più graditi: il suo coinvolgimento nell’ipotesi accusatoria sarebbe un “concorso morale” e di “dolo eventuale”. Il Riesame, il 19 luglio, ha motivato le esigenze cautelari (gli arresti domiciliari, sostituiti poi a settembre con il divieto di dimora) con il pericolo di inquinamento delle prove e di recidiva, derivante dalla possibilità di Pittella di assumere nuovi incarchi politici. Seconda la Cassazione l’ordinanza del riesame “si caratterizza per una serie di affermazione che non superano il confine meramente congetturale”.
La Corte evidenzia nel complesso una “valutazione monca e caratterizzata da affermazioni solo assertivamente probabilistiche”. Quanto all’ipotesi del concorso morale, i giudici ricordano che “la partecipazione psichica a mezzo istigazione richiede che sia provato che il comportamento tenuto dal concorrente morale abbia effettivamente fatto sorgere il proposito criminale” o la abbia anche soltanto rafforzato, ma “la mera ‘raccomandazione’ o ‘segnalazione’ non costituisce una forma di concorso morale nel reato, in assenza di ulteriori comportamenti positivi o coattivi che abbiamo efficacia determinante”, in quanto il “soggetto attivo” è libero di aderire o meno alla segnalazione.