Il quantitative easing, cioè il programma di acquisto di titoli di Stato avviato nel 2015, è “conforme al mandato” della Bce. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Europea, esprimendosi sul quesito presentato dalla Corte costituzionale tedesca a cui erano arrivati diversi ricorsi che contestavano la legittimità dell’intervento sostenendo che equivalesse a un finanziamento monetario del debito pubblico. Secondo la Corte il programma non viola il diritto dell’Unione, non eccede il mandato della Bce e non viola il divieto di finanziamento monetario.

La Banca centrale europea ha avviato il programma di acquisti il 4 marzo 2015 alla luce di vari fattori che aumentavano il rischio di calo dell’inflazione sotto il valore obiettivo della Bce, pari al 2%. L’obiettivo era facilitare l’accesso ai finanziamenti utili all’espansione dell’attività economica favorendo il ribasso dei tassi d’interesse reali e inducendo le banche commerciali a concedere maggior credito. Questo al fine di sostenere i consumi globali e le spese per investimenti nella zona euro. Il programma prevede che ciascuna banca centrale nazionale acquisti titoli idonei provenienti da emittenti pubblici statali, regionali o locali del proprio Paese. La durata di applicazione si estendeva inizialmente fino alla fine del mese di settembre 2016 ma è stata poi prorogata a più riprese.

Con la sua sentenza, la Corte di Giustizia constata che l’esame delle questioni sottoposte dal Bundesverfassungsgericht non ha rivelato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità del programma, che rientra nel settore della politica monetaria per la quale l’Unione dispone di una competenza esclusiva, per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, e rispetta il principio di proporzionalità. La Corte ricorda che una misura di politica monetaria non può essere equiparata a una misura di politica economica per il solo fatto che essa sia idonea a produrre effetti indiretti che possono essere ricercati anche nel quadro della politica economica. Inoltre, la Corte ricorda come risulti chiaramente dal diritto primario che la Bce e le banche centrali degli Stati membri possono, in linea di principio, intervenire sui mercati dei capitali acquistando e vendendo in via definitiva titoli di debito negoziabili denominati in euro.

Per quanto riguarda le modalità di applicazione del programma, la Corte sottolinea che non è selettivo e non soddisfa i bisogni specifici di finanziamento di singoli Stati membri della zona euro. Esso non permette l’acquisto di titoli con un livello di rischio elevato e prevede dei rigorosi limiti massimi di acquisto per emissione e per emittente. Oltre a questo, attribuisce la priorità all’acquisto dei titoli emessi da operatori privati. Secondo la Corte, non risulta in maniera manifesta che un programma di acquisto di titoli del debito pubblico più limitato nel volume o nella durata avrebbe potuto in modo altrettanto efficace e rapido assicurare un’evoluzione dell’inflazione simile a quella ottenuta dalla Bce.

La Corte sottolinea poi che il qe non viola il divieto di finanziamento monetario, perché non equivale all’acquisto di titoli sui mercati primari e non produce l’effetto di indurre gli Stati membri a non condurre una sana politica di bilancio. Oltre a ciò, non consente agli Stati membri di determinare la loro politica di bilancio senza tener conto del fatto che, a medio termine, la continuità dell’attuazione del programma non è in alcun modo garantita e che quindi potrebbero dover cercare finanziamenti sui mercati senza poter beneficiare dell’alleggerimento delle condizioni di finanziamento che l’attuazione del programma comporta.

Inoltre, gli effetti sulla convenienza a condurre una sana politica di bilancio sono limitati in virtù dell’imposizione di limiti al volume mensile complessivo degli acquisti di titoli del settore pubblico, del carattere sussidiario del programma, della ripartizione degli acquisti tra le banche centrali nazionali secondo lo schema di sottoscrizione del capitale della Bce, dei limiti di detenzione per emissione e per emittente e degli elevati criteri di idoneità fondati su una valutazione della qualità creditizia. La Corte precisa, poi, che il divieto di finanziamento monetario non osta alla detenzione di titoli fino alla loro scadenza e neppure all’acquisto di titoli con un rendimento a scadenza negativo.

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