La Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo, che aveva acquistato il rotolo nel 2004 per la cifra di circa 2,75 milioni di euro, sarebbe stata truffata da un mercante d’arte egiziano di origine armena, Serop Simonian, 72anni, residente in Germania. Tuttavia a distanza di quattordici anni da quell’episodio non c’è nulla da fare: il tribunale di Torino ha archiviato l’indagine penale
Il papiro di Artemidoro, un reperto che negli ultimi ha animato il dibattito di esperti e addetti ai lavori, è un falso. Non è opera del geografo greco di cui porta il nome, Artemidoro da Efeso. La Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo, che aveva acquistato il rotolo nel 2004 per la cifra di circa 2,75 milioni di euro, sarebbe stata truffata da un mercante d’arte egiziano di origine armena, Serop Simonian, 72anni, residente in Germania. Tuttavia a distanza di quattordici anni da quell’episodio non c’è nulla da fare: il tribunale di Torino ha archiviato l’indagine penale su Simonian condotta dal procuratore Armando Spataro che aveva chiesto l’archiviazione in quanto il reato di truffa è già prescritto.
I dubbi sulla autenticità del papiro, il cui materiale è risalente a un periodo tra il I secolo avanti Cristo e il I dopo Cristo e la cui esistenza è stata svelata nel 1995, erano sorti dopo l’acquisto fatto dalla fondazione bancaria torinese destinato al Museo Egizio. Il più scettico era il filologo classico Luciano Canfora, che riteneva il reperto un’opera di un falsario dell’Ottocento, Constantino Simonidis, al contrario di Salvatores Settis, archeologo e storico dell’arte che, insieme ad altri esperti, lo riteneva autentico. Fu Canfora a presentare l’esposto alla procura di Torino il 28 ottobre 2013 dopo una serie di studi e convegni, come quello che a cui aveva partecipato il giorno prima di fare denuncia. Il procuratore Spataro ha seguito personalmente l’indagine affidando gli accertamenti al reparto operativo del nucleo “Tutela patrimonio culturale” e ai carabinieri della polizia giudiziaria torinese.
Tra le persone informate sui fatti sentite dagli investigatori c’è Eleni Vassilika, direttrice del Museo Egizio dal 2005 al 2014, che aveva rifiutato di esporre nei suoi spazi il papiro ritenendolo un falso o un reperto esportato illegalmente. Lei, in passato alla guida di un museo in Germania, aveva già avuto a che fare con Simonian e conosceva il personaggio: il mercante aveva proposto l’acquisto di alcuni reperti dubbi su cui la magistratura tedesca aveva cominciato degli approfondimenti (di cui la procura di Torino non ha potuto conoscere gli esiti). Anche il Getty Museum di Los Angeles aveva rifiutato di comprare il papiro offerto da Simonian a una prezzo inferiore. Tra i motivi di tanto scetticismo intorno al “Papiro di Artemidoro” c’era l’assenza di documenti capaci di dimostrare la provenienza: poteva trattarsi di un bene esportato illecitamente dall’Egitto in barba alla convenzione Unesco contro i traffici di arte.
Per anni chiuso in uno scantinato, il papiro era stato esposto nel 2014 nel Museo delle antichità di Torino, uno degli spazi dei Musei Reali. La direttrice di questo polo aveva rifiutato di assicurare il papiro di Artemidoro e aveva richiesto alla Compagnia di San Paolo di assumere direttamente l’onere della assicurazione. Questi e altri aspetti hanno dato alla procura di Torino “la certezza del falso” che “è abbondantemente provata, quantomeno sulla base di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti”.
Sulla base di questa archiviazione, la Compagnia di San Paolo potrebbe decidere di avviare una causa civile, ma “non intende intraprendere azioni legali a sua tutela” – fa sapere in una nota – perché le analisi condotte finora dal Ministero dei beni culturali “dimostrano che si tratta comunque di un reperto dall’innegabile valore storico artistico che potrebbe essere oggetto di studio per la comunità scientifica attenta a questi temi”.