Sei ore di requisitoria, sette ergastoli chiesti dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Sara Amerio. È agli sgoccioli il processo, che si sta celebrando con il rito abbreviato, per l’omicidio di Giuseppe Canale avvenuto il 12 agosto 2011 a Gallico, nella periferia nord della città dello Stretto. Per la Procura non ci può essere alcuno sconto di pena per i responsabili di uno degli omicidi eccellenti che rischiava di aprire una faida di ‘ndrangheta.
L’agguato in cui morì Canale, infatti, è stata la risposta all’omicidio del boss Domenico Chirico, ucciso nel 2010 pochi mesi dopo aver scontato un lungo periodo di carcere. Tra mandanti, organizzatori e gruppo di fuoco, nell’inchiesta erano state arrestate nove persone. Due di loro, Diego Zappia e il killer Nicola Figliuzzi, hanno iniziato subito a collaborare con la giustizia e hanno confermato le indagini dei carabinieri coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dal pm Amerio che, al termine dell’udienza di ieri, ha chiesto 18 anni per Zappia e 14 anni per Figliuzzi.
Tra i sette ergastoli auspicati dalla Direzione distrettuale antimafia, invece, ci sono quelli di Antonino Crupi (genero del boss Mimmo Chirico), Domenico Marcianò, Giuseppe Germanò, Sergio Iannò, Filippo Giordano detto “Scaramacai”, il killer Cristian Loielo, e Salvatore Callea. Quest’ultimo, originario di Oppido Mamertina, era una sorta di “broker” dei killer che alle cosche di Gallico aveva fornito due sicari del vibonese, Cristian Loielo e Nicola Figliuzzi appunto.
Quando il gip ha emesso la prima ordinanza di custodia cautelare, Salvatore Callea era già in carcere perché condannato in appello per un altro omicidio avvenuto nel 2012 quando, il 6 luglio, nella spiaggia di Vibo Marina fu ucciso Davide Fortuna nell’ambito di una faida tra cosche rivali. Anche in quell’occasione, i killer li fornì Callea che partecipò attivamente alla fase esecutiva dell’omicidio finito al centro del processo “Gringia” istruito dalla Dda di Catanzaro.
Durante la requisitoria, per spiegare il contesto del gruppo di fuoco che ha ucciso Canale, il pm Amerio ha parlato anche dell’omicidio Fortuna. Dopo averlo eseguito, Callea e i due killer andarono a dormire nell’albergo “Phelipe” di Lamezia Terme. La stanza la pagò il deputato della Lega Domenico Furgiuele, coordinato in Calabria del partito di Salvini. La circostanza è agli atti del processo nel quale Furgiuele non è mai stato indagato.
A sparare, su ordine della cosca Patania, è stato il macedone Vasvi Beluli che poi si è pentito. Con lui c’erano Sebastiano Malavenda (condannato definitivamente a 30 anni) e, appunto, Salvatore Callea per il quale la Cassazione deve confermare l’ergastolo inflitto in appello. “Dopo il fatto – racconta il pentito Beluli – siamo andati a dormire all’hotel di fronte alla stazione di Lamezia Terme. Non abbiamo pagato l’albergo, anzi la persona che lavorava lì ci ha detto che eravamo ospiti preferiti. Parliamo dell’albergo Phelipe”. “In ordine al pagamento delle stanze – si legge nell’ordinanza di arresto dei killer –, l’incaricato alla reception riferiva che lo stesso non era stato effettuato da alcuno dei tre, poiché ospiti del signor Furgiuele Domenico”. Il futuro deputato della Lega all’epoca era “solo” il genero dell’imprenditore Salvatore Mazzei, proprietario dell’albergo e in carcere da un anno per reati di mafia.
Interrogato dalla squadra mobile, Furgiuele ha confermato tutto. Nel 2012 era dipendente del suocero e, rispondendo alle domande della polizia, si era giustificato sostenendo di aver fatto una cortesia a un capo-cantiere di un’impresa edile con la quale aveva rapporti di lavoro: “In effetti, nel mese di luglio scorso, sono stato contattato – è il suo verbale – dal dipendente della società Poliedil il quale mi chiedeva se potevo occuparmi di far ospitare presso l’albergo Phelipe un suo zio proveniente da Roma per una sola sera. Ho ritenuto giusto favorirlo. Ho provveduto a comunicare alla reception dell’albergo di riservare una stanza a chi si fosse presentato a nome mio e che avrei provveduto a saldare successivamente”. Lo “zio”, in realtà, non era solo. Quella notte, in quella camera prenotata da Furgiuele hanno dormito i tre sicari che lui non ha mai incontrato. Ma che hanno speso il suo nome poche ore dopo aver ammazzato Davide Fortuna.