I saldi migratori cumulati dal 2013 al 2017, calcolati per gli emigrati ultra 24enni, evidenziano una perdita netta di popolazione italiana di quella fascia di età di circa 244mila unità, di cui il 64% possiede un titolo di studio medio-alto
Altri 28mila laureati italiani se ne sono andati nel 2017, in crescita del del 4% rispetto all’anno precedente. E i dati in un report sulla mobilità interna e le migrazioni internazionali della popolazione residente. dimostrano che prosegue il flusso dei connazionali che lasciano il Paese: negli ultimi 5 anni oltre 244mila over 25 sono espatriati, e il 64% di loro con titolo di studio medio-alto. Complessivamente, in questo periodo, l’Italia ha perso oltre 156mila tra laureati e diplomati. In forte aumento tra 2013 e 2017 il numero di emigrati diplomati (+32,9%) e laureati (41,8%).
Il report sulla mobilità interna e le migrazioni internazionali della popolazione residente dell’istituto di statistica rileva che nel 2017 più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti all’estero (52,6%) è in possesso di un titolo di studio medio-alto: si tratta di circa 33 mila diplomati e 28 mila laureati. Rispetto all’anno precedente il numero di diplomati emigrati è sostanzialmente stabile, mentre quello dei laureati mostra un lieve aumento (+3,9%). Tuttavia la “fuga” è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto al 2013, gli emigrati diplomati aumentano del 32,9% e i laureati del 41,8%.
Considerando l’età, gli espatriati di 25 anni e più sono 82mila e 31mila quelli rimpatriati nella stessa fascia di età: il loro saldo migratorio con l’estero è negativo per oltre 51 mila unità, di cui 13mila laureati (26,2%) e 19mila diplomati (36,7%). I saldi migratori cumulati dal 2013 al 2017, calcolati per gli emigrati ultra 24enni, evidenziano una perdita netta di popolazione italiana di quella fascia di età di circa 244mila unità, di cui il 64% possiede un titolo di studio medio-alto.
Le motivazioni che spingono i giovani migranti a lasciare l’Italia – spiega l’Istat – sono da attribuire in parte all’andamento negativo del mercato del lavoro italiano e, in parte, alla nuova ottica di globalizzazione, che induce i giovani più qualificati a investire il proprio talento nei Paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione.