Chi ha concepito l’emendamento sull’ecotassa automobilistica ha osato l’inosabile, in un Paese tremendamente conservatore come il nostro, dove la mobilità è ancor oggi considerata una virtù nazionale e non un problema ambientale: l’ostilità nei confronti dei provvedimenti contro l’inquinamento provocato dal traffico ha sempre scatenato proteste e spesso messo in crisi le giunte che li adottavano. Infatti siamo il Paese europeo con il più basso numero di vetture elettriche, quelle per le quali sarebbe previsto un incentivo di 6mila euro: rappresentano solo una quota dello 0,3%, quest’anno da gennaio a novembre ne sono state vendute appena 4630.
Seimila euro, l’incentivo massimo pensato e proposto per le vetture elettriche, non costituisce un sanguinoso esborso per le casse esauste dello Stato, ma è di grande suggestione per gli ambientalisti, per coloro che nelle città come Milano – la cui aria è sempre avvelenata – hanno optato per le auto condivisibili e per le bici a nolo, segno indubitabile di consapevolezza ecologica e di coscienza per il miglioramento della qualità della vita. In questo, si può parlare di cambiamento nel senso di miglioramento. Può apparire un conveniente investimento propagandistico, e questo non ci deve scandalizzare, anzi. Se poi è mirato a rinsaldare – senza spendere granché – l’immagine ecologica di un esecutivo traballante che rivendica la santa lotta contro l’inquinamento, non è un peccato. Perché l’ecotassa sulle auto, è a mio avviso, un provvedimento coraggioso. E virtuoso. Un’imposta che punta a migliorare la nostra salute difende la qualità della vita.
In prospettiva, obbligherà i costruttori delle auto ad abbassare le emissioni di CO2 dei loro motori se vogliono mantenere le loro preziose quote di mercato (in California fu così). Li costringerà anche ad accelerare le ricerche sulle propulsioni alternative “pulite”. Questa, ormai, è la tendenza. I media hanno da tempo adottato posizioni ipocrite e schizofreniche. Da un lato seguono con attenzione l’evoluzione ecologica delle auto, dall’altra starnazzano contro l’ecotassa perché ricevono dalle case automobilistiche miliardi di pubblicità. E sollecitano l’opinione pubblica a considerare che saranno i ceti medi a rimetterci, per via dell’aumento dei costi sui prezzi delle vetture nuove. Potrebbero invece riflettere in modo diverso: perché le auto costano così tanto?
Prima o poi questa resa dei conti sarà necessaria. L’inquinamento provocato dalle automobili costa ai cittadini molto di più delle ecotasse destinate a combatterlo. L’operato di questo governo – soprattutto la pericolosa devianza sovranista imposta dal Donald Trump del Giambellino – non incontra il mio favore, ma questo non impedisce di dire che l’ecotassa è una misura encomiabile, non una “misura miope” come sostengono i corifei delle quattro ruote a go-go, per i quali impedirebbe di rinnovare il parco auto, colpendo gli interessi della filiera dell’industria automobilistica che – sottolineo – non sono quelli degli italiani.
Avete notato quanti corposi inserti sulle auto vengono distribuiti coi quotidiani e i settimanali? Tutte pubblicazioni che valgono oro per gli editori: guai a sputare sul piatto di una minestra così redditizia. Semmai, l’ecotassa andrebbe modulata in modo più equo colpendo anche i motori diesel che emettono meno CO2 di quelli a benzina, sono più efficienti ma che inondano l’aria con emissioni di polveri sottili assai più elevate. Senza dimenticare che il parco auto italiano è il più longevo e quindi dannoso d’Europa.