Furono discriminati i piccoli alunni stranieri di Lodi tenuti fuori dalla mensa scolastica a causa di una delibera, voluta dalla sindaca leghista Sara Casanova, che imponeva alle famiglie certificati non richiesti a quelle degli italiani. E quando il caso – raccontato per la prima volta in un reportage di Davide Milosa per Il Fatto Quotidiano – esplose per un servizio di PiazzaPulita le linee guida approntate non eliminarono quella “disparità di trattamento”.
Richiamando anche gli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana, che garantiscono agli stranieri i diritti fondamentali e pari dignità sociale e uguaglianza, il giudice della I sezione civile di Milano, Nicola Di Plotti, ha quindi accolto totalmente il ricorso dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione e del Naga – presentato addirittura il 5 giugno 2018 – contro quel provvedimento che aveva generato la solita bufera politica, ma anche un’onda di generosità di cittadini da tutti Italia con la raccolta di oltre 60mila euro per pagare le spese della mensa che le famiglie dei bambini, non riuscendo a produrre documenti a volte irrecuperabili nei loro paesi di origine, non riuscivano a onorare. In 18 pagine, dopo l’udienza del 6 novembre scorso, il giudice conferma la “condotta discriminatoria del Comune di Lodi” e ordina di “modificare il Regolamento per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate in modo da consentire ai cittadini non appartenenti all’Unione Europea di presentare la domanda di accesso” alle stesse condizioni degli italiani.
Del resto il Comune non avrebbe neanche potuto emettere un provvedimento del genere, che contemplava anche il servizio di scuolabus, perché è un ente “che non ha il potere di assumere decisioni in proposito”. Si tratta di una “possibilità riservata esclusivamente agli organi statali di meglio determinare le modalità di controllo sul reale possesso da parte dei richiedenti dei requisiti per il godimento delle prestazioni stesse”. L’amministrazione è stata condannata anche a pagare 5mila euro e gli avvocati che non hanno chiesto l’onorario e hanno anticipato le spese di giudizio.
Le certificazioni impossibili da trovare
In aggiunta all’Isee ai genitori stranieri venivano infatti richieste anche le certificazioni che dimostrassero che non possedevano case, conti correnti e auto nel loro paese di origine. Documenti da recuperare in originale e per i quali non valeva l’autocertificazione, quindi molto difficili da reperire, soprattutto in alcuni Stati africani e sudamericani. E comunque non sempre sono sufficienti per ottenere la tariffa agevolata. Studiata la giurisprudenza per Di Plotti “può evincersi come non esistano principi ricavabili da norme di rango primario che consentano al Comune di introdurre, attraverso lo strumento del Regolamento, diverse modalità di accesso alle prestazioni sociali agevolate”. L’amministrazione comunale, invece, ha previsto “specifiche e più gravose procedure poste a carico dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea“.
Per il magistrato l’atto di forza del comune di Lodi è “discriminazione diretta, essendo trattati diversamente soggetti nelle medesime condizioni di partenza e aspiranti alla stessa prestazione sociale agevolata”. Ma non solo: anche le “linee guida” che il Comune ha approntato a metà ottobre, quando mezza Italia puntava il dito contro il provvedimento, non eliminano “gli effetti di un provvedimento che introduce una disparità di trattamento“. Il Comune ha esteso “il regime di favore previsto per i rifugiati anche a tutti coloro che provengano da paesi in stato di belligeranza”, ma si tratta soltanto di una limitazione e non una eliminazione della discriminazione.
Il Comune di Lodi valuta ricorso, Lega: “Non cambiamo posizione”
“Una decisione che ci soddisfa pienamente perché affronta il problema di fondo e che cioè ai cittadini italiani e stranieri deve essere garantita parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni sociali” dice all’Adnkronos l’avvocato Alberto Guariso. Una decisione fondamentale perché secondo il legale stabilisce che “un Comune non può arrogarsi il diritto di aggiungere richieste che penalizzano gli stranieri escludendoli irragionevolmente dalle prestazioni sociali” e l’amministrazione dovrà adeguarsi “deve adeguarsi al più presto. Potranno fare anche ricorso, ma intanto se non modificano il regolamento scattano le sanzioni”. In realtà a Lodi pensano di opporsi all’ordinanza del giudice: “Una delle possibilità che ci si pone, dopo aver appreso del pronunciamento, è il ricorso”. L’amministrazione valuterà tutte le possibilità a disposizione e poi, tra qualche giorno, si prenderà una decisione relativa a come comportarsi, anche azioni legali secondo quanto riporta LaPresse. In consiglio comunale c’è stato un po’ di trambusto con il consigliere di opposizione Stefano Caserini che ha chiesto le scuse formali da tutta la Giunta: “Non avete preso in giro solo noi consiglieri ma tutta la città” e l’assessore ai Servizi sociali Sue Ellen Belloni che ha difeso l’operato del Comune. Sotto i portici la festa di alcuni cittadini e l’avvocato Alberto Guariso, che ha aperto una bottiglia di spumante.
Sulla decisione del giudice molte le reazioni in casa Pd a partire dal capogruppo del Pd, Graziano Delrio: “Salvini (che aveva sostenuto la sindaca, ndr) chieda scusa perché la condotta discriminatoria del sindaco leghista di Lodi è anche colpa della sua propaganda xenofoba. Mi auguro – conclude Delrio – che il sindaco sia tempestivo nell’eseguire l’ordine del tribunale e che modifichi immediatamente quel regolamento togliendo per sempre questa macchia xenofoba che la città e i cittadini di Lodi non meritano”. Il vicepremier e ministro dell’Interno per ora tace. Ma il Carroccio tiene il punto: “Come Lega non cambiamo idea e andiamo avanti ad appoggiare la norma di buon senso varata dal Comune di Lodi, con voto del Consiglio comunale, che semplicemente chiede ai cittadini extracomunitari di dimostrare con un atto certificato dal loro Stato di provenienza di non possedere beni immobili” fa sapere Paolo Grimoldi, deputato della Lega e segretario della Lega Lombarda. “Perché bisogna – prosegue il parlamentare – regalare la mensa gratuita a chi magari in patria è proprietario di immobili? Perché un cittadino italiano per accedere a una tariffa agevolata deve dimostrare di non possedere immobili e pretendere altrettanto da un cittadino extra Ue è discriminatorio? Sindaco Casanova vai avanti, siamo con te”. La risposta, ha già scritto il giudice, è nella Costituzione.