Incassavano i contributi regionali per l’agricoltura attestando falsamente attività imprenditoriali e requisiti che non esistevano. Centinaia di migliaia di euro che sono finiti nelle casse della cosca Gallico di Palmi. Con l’accusa di associazione a delinquere e truffa, tra gli otto arrestati stamattina c’è anche il boss Carmelo Gallico per il quale il gip di Reggio Calabria ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta della Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. L’inchiesta “Celere”, coordinata dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Diego Capece Minutolo, ha portato all’arresto anche di Teresa Gallico, Demetrio Giuseppe Gangemi e Domenico Laganà. Ai domiciliari, invece, sono finiti Domenico Cambareri, Maria Curatola ed Elvira Pierina Curatola. Il gip, infine, ha disposto l’obbligo di presentazione per Caterina Cicciù. Stando alle indagini dei carabinieri, la ‘ndrangheta ha messo le mani sui “Fondi Europei agricoli di garanzia e di sviluppo rurale”. Gli arrestati, infatti, risultano far parte o contigui alle cosche Gallico di Palmi, Alvaro di Sinopoli, Lo Giudice di Reggio Calabria e Laganà-Caia di Seminara. Con la complicità di funzionari pubblici, anche loro accusati di associazione a delinquere, dal 2010 al 2018 gli indagati hanno beneficiato di contributi pubblici erogati dall’Arcea, l’Agenzia Regione Calabria per le Erogazioni in Agricoltura. Ma anche della disponibilità di titoli di pagamento della “Politica Agricola Comune”.
Per conto del consorzio olivicolo “Conasco”, Teresa Gallico riusciva a percepire contributi come imprenditore agricolo in attività. Il problema è che, da anni, la donna è in carcere al 41 bis. Nel 2010, infatti, Teresa Gallico era stata coinvolta nell’operazione “Cosa Mia” per associazione mafiosa. Eppure, stando alle indagini, ha percepito ininterrottamente 59mila euro in qualità di titolare di un’impresa individuale di fatto inattiva dopo il suo arresto. Soldi che la ‘ndrangheta ha utilizzato per pagare le spese legali dei detenuti della cosca come il boss ergastolano Domenico Gallico. I carabinieri sono riusciti a dimostrare come gli operatori del centro di assistenza agricola (già “Copagri 102”), riconducibile al Conasco, erano perfettamente a conoscenza dello stato detentivo dei beneficiari nel momento in cui trasmettevano elettronicamente all’Arcea le istanze di pagamento avanzate dagli arrestati. Complessivamente i carabinieri per la Tutela agroalimentare e del comando provinciale hanno riscontrato contributi non dovuti per circa 400mila euro.
Il consorzio Conasco è stato sottoposto alla misura cautelare dell’interdizione dell’esercizio dell’attività di assistenza agricola. Agli indagati, inoltre, sono stati sequestrati 220mila euro. “Non sono emersi elementi – è stato chiarito durante la conferenza stampa – che Arcea si sia resa conto di quello che stava succedendo”. Questo dimostra quello che per il procuratore aggiunto Gaetano Paci è “l’evidente fragilità del sistema di controllo di tutta la filiera dei contributi”. Contributi che partono dall’Europa e arrivano in Calabria dove le cosche – ha sottolineato il procuratore Bombardieri – si appropriano di somme che vengono utilizzate dalle cosche per sviluppare la loro attività criminale”. “In questo modo – ha ribadito il capo della Dda di Reggio Calabria – l’erogazione sistematica dei contributi europei a soggetti detenuti ha inquinato il sistema dell’economia reale danneggiando chi realmente aveva bisogno di quei fondi per lavorare in questa terra. Abbiamo riscontrato l’atteggiamento arrogante di chi pensa di violare qualsiasi regola”.
'ndrangheta
Calabria, false attività per incassare i contributi regionali per l’agricoltura: 8 arresti nei clan di ‘ndrangheta
Stando alle indagini dei carabinieri, le 'ndrine avevano messo le mani sui fondi Europei agricoli di garanzia e di sviluppo rurale. Gli arrestati risultano far parte o contigui alle cosche Gallico di Palmi, Alvaro di Sinopoli, Lo Giudice di Reggio Calabria e Laganà-Caia di Seminara
Incassavano i contributi regionali per l’agricoltura attestando falsamente attività imprenditoriali e requisiti che non esistevano. Centinaia di migliaia di euro che sono finiti nelle casse della cosca Gallico di Palmi. Con l’accusa di associazione a delinquere e truffa, tra gli otto arrestati stamattina c’è anche il boss Carmelo Gallico per il quale il gip di Reggio Calabria ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta della Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. L’inchiesta “Celere”, coordinata dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Diego Capece Minutolo, ha portato all’arresto anche di Teresa Gallico, Demetrio Giuseppe Gangemi e Domenico Laganà. Ai domiciliari, invece, sono finiti Domenico Cambareri, Maria Curatola ed Elvira Pierina Curatola. Il gip, infine, ha disposto l’obbligo di presentazione per Caterina Cicciù. Stando alle indagini dei carabinieri, la ‘ndrangheta ha messo le mani sui “Fondi Europei agricoli di garanzia e di sviluppo rurale”. Gli arrestati, infatti, risultano far parte o contigui alle cosche Gallico di Palmi, Alvaro di Sinopoli, Lo Giudice di Reggio Calabria e Laganà-Caia di Seminara. Con la complicità di funzionari pubblici, anche loro accusati di associazione a delinquere, dal 2010 al 2018 gli indagati hanno beneficiato di contributi pubblici erogati dall’Arcea, l’Agenzia Regione Calabria per le Erogazioni in Agricoltura. Ma anche della disponibilità di titoli di pagamento della “Politica Agricola Comune”.
Per conto del consorzio olivicolo “Conasco”, Teresa Gallico riusciva a percepire contributi come imprenditore agricolo in attività. Il problema è che, da anni, la donna è in carcere al 41 bis. Nel 2010, infatti, Teresa Gallico era stata coinvolta nell’operazione “Cosa Mia” per associazione mafiosa. Eppure, stando alle indagini, ha percepito ininterrottamente 59mila euro in qualità di titolare di un’impresa individuale di fatto inattiva dopo il suo arresto. Soldi che la ‘ndrangheta ha utilizzato per pagare le spese legali dei detenuti della cosca come il boss ergastolano Domenico Gallico. I carabinieri sono riusciti a dimostrare come gli operatori del centro di assistenza agricola (già “Copagri 102”), riconducibile al Conasco, erano perfettamente a conoscenza dello stato detentivo dei beneficiari nel momento in cui trasmettevano elettronicamente all’Arcea le istanze di pagamento avanzate dagli arrestati. Complessivamente i carabinieri per la Tutela agroalimentare e del comando provinciale hanno riscontrato contributi non dovuti per circa 400mila euro.
Il consorzio Conasco è stato sottoposto alla misura cautelare dell’interdizione dell’esercizio dell’attività di assistenza agricola. Agli indagati, inoltre, sono stati sequestrati 220mila euro. “Non sono emersi elementi – è stato chiarito durante la conferenza stampa – che Arcea si sia resa conto di quello che stava succedendo”. Questo dimostra quello che per il procuratore aggiunto Gaetano Paci è “l’evidente fragilità del sistema di controllo di tutta la filiera dei contributi”. Contributi che partono dall’Europa e arrivano in Calabria dove le cosche – ha sottolineato il procuratore Bombardieri – si appropriano di somme che vengono utilizzate dalle cosche per sviluppare la loro attività criminale”. “In questo modo – ha ribadito il capo della Dda di Reggio Calabria – l’erogazione sistematica dei contributi europei a soggetti detenuti ha inquinato il sistema dell’economia reale danneggiando chi realmente aveva bisogno di quei fondi per lavorare in questa terra. Abbiamo riscontrato l’atteggiamento arrogante di chi pensa di violare qualsiasi regola”.
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.