In questo nostro Paese, chi ci difende dalle esalazioni maleodoranti? Di certo questa domanda se la sono fatta i tanti romani che, per anni, hanno dovuto convivere con l’impianto Tmb Salario dell’Ama e ora tremano per le possibili conseguenze provocate dall’incendio devastante di pochi giorni fa. Ovviamente, adesso tutti parlano dell’incendio e della puzza di prima non si dice niente? Sia chiaro, non sto parlando di una “puzza” normale e di semplice fastidio. L’Italia è piena di strutture e impianti che, con le loro esalazioni, avvelenano la vita di chi abita nelle vicinanze con danni gravissimi: non solo alla salute ma anche e soprattutto alla qualità della vita. Perché si è costretti a vivere con le finestre chiuse e si deve rinunciare a una vita di relazione, vivendo il ritorno a casa come un inferno.
E allora, vediamo che dice la legge. In primo luogo, questi impianti dovrebbero stare fuori dal centro abitato ai sensi del testo unico leggi sanitarie del 1934; di cui però nessuno si ricorda, nemmeno i sindaci che dovrebbero applicarlo. Passiamo oltre e troviamo il codice penale (che è degli stessi anni) dove c’è un articolo che, in mancanza di meglio, la magistratura ha applicato per difendere i cittadini: articolo 674, che punisce con l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206 euro (in lire figurava, all’epoca, molto di più) chi, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, vapori o fumo atti a offendere, imbrattare o molestare persone.
E così, sin dagli anni 90, la Cassazione ha stabilito che ” le esalazioni maleodoranti… costituiscono offesa al benessere dei vicini e grave pregiudizio, tutelato dalla norma penale, e integrano, pertanto, il reato di cui all’articolo 674 c.p.” (per un impianto di depurazione: sentenza 636/1994), aggiungendo (sentenza 1994, Rinaldi) che esse devono avere carattere “non momentaneo e siano intollerabili o almeno idonee a cagionare un fastidio fisico apprezzabile (es. nausea, disgusto) e abbiano un impatto negativo, anche psichico, nell’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (es. necessità di tenere le finestre chiuse, difficoltà di ricevere ospiti ecc.); in quanto “può costituire molestia anche il semplice arrecare alle persone generalizzata preoccupazione e allarme circa eventuali danni alla salute da esposizione a emissioni inquinanti“.
E chiarendo, in questa e numerose altre sentenze, che “le emissioni odorifere moleste alle persone integrano il reato di cui all’articolo 674 c.p. anche quando provengono da un’industria autorizzata a espletare la sua attività dalla pubblica amministrazione”. Perché “le autorizzazioni ottenute in via amministrativa e le modifiche effettuate agli impianti non potevano comportare l’autorizzazione a molestare il vicinato con cattivi odori oltre la soglia della normale tollerabilità” (sent. 1999, Greppi).
Ma come si misura la puzza? “Se manca la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti” (n. 42387/2011); e “può desumersi anche alle reiterate denunce e segnalazioni da parte dei vicini e dai ripetuti accertamenti dell’autorità preposta ai controlli” (n.15556/2006).
Insomma, non è molto, ma certamente è da apprezzare lo sforzo della nostra magistratura per applicare norme vecchissime in modo dinamico, al fine di evitare vuoti nella tutela della salute e del benessere dei cittadini. Un’ultima osservazione, prima che qualcuno inizi a “buttarla in politica”. La situazione del Tmb di Roma (che esisteva da prima della giunta Raggi) non è l’oggetto di questo post, ma solo lo spunto oggettivo per parlare di un problema generale che colpisce molti cittadini, costretti a convivere con esalazioni maleodoranti.