E così la città di Roma torna di nuovo a rivolgersi al “Supremo”. Con “sole” 100 tonnellate, per carità. Ma la sensazione è che Manlio Cerroni, già così, abbia vinto di nuovo. Il tritovagliatore di Rocca Cencia, di proprietà del patron di Malagrotta ma gestito dalla ditta “amica” Porcarelli, accoglierà 100 delle 700 tonnellate orfane del Tmb Salario, rovinosamente bruciato prima dell’alba di martedì mattina. Le altre 600 verranno lavorate nel tmb della Viterbo Ambiente (100), in quello della Saf in provincia di Frosinone (200) e in quello della Rida Ambiente (300) ad Aprilia. Fra l’altro, il sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani, ha già fatto sapere che non accetterà i rifiuti della Capitale “oltre una settimana”, mentre la Regione Abruzzo – dove nel 2019 si vota – ha chiuso ufficialmente le porte in faccia a Virginia Raggi e Nicola Zingaretti. La soluzione l’aveva suggerita l’imprenditore 92enne sul suo blog: “Basterebbe infatti tornare a rendere operativa la stazione di ricevimento e tritovagliatura di Rocca Cencia e mandare in esercizio l’impianto di Guidonia: quest’ultimo potrebbe trattare anche l’organico e risolvere così definitivamente anche i problemi dell’impianto Ama del Salario”, scriveva il 26 settembre scorso. Profetico, si direbbe. E pensare che poche ore prima del responso della cabina di regia in Campidoglio, il presidente della Commissione Ambiente, Daniele Diaco, lo aveva definito “sciacallo imbarazzante”.
ROCCA CENCIA E L’INCHIESTA A MURARO – Non è che Cerroni e il suo Colari – in attesa di revoca dell’interdittiva antimafia dopo la recente assoluzione del Supremo nel processo per associazione a delinquere – siano mai usciti dal ciclo dei rifiuti, sia chiaro. Nemmeno con Virginia Raggi al governo della città. Dopo la chiusura della discarica di Malagrotta, voluta nel 2013 dal sindaco Ignazio Marino, nello stesso sito hanno continuato a lavorare i due tmb del Colari, che insieme smaltiscono circa 1.200 tonnellate al giorno di rifiuti indifferenziati. Ma le 100 inviate al tritovagliatore di Rocca Cencia hanno un valore anche “simbolico”: oltre ad aprire le porte a nuovi conferimenti, quell’impianto finì nell’occhio del ciclone quando nel 2016, a giunta pentastellata appena insediatasi, l’attuale deputato M5S, Stefano Vignaroli, e l’allora assessora all’Ambiente, Paola Muraro, ne ipotizzarono l’utilizzo proprio per provare a rispettare le promesse elettorali e chiudere i due tmb di Salario e Rocca Cencia. Apriti cielo. Muraro, in particolare, finì in un ciclone di polemiche che innescarono un meccanismo sfociato pure in un’inchiesta giudiziaria, scandalo tale da spingerla a delle “memorabili” dimissioni notturne, fra il 12 e il 13 dicembre 2016, esattamente 2 anni fa. L’indagine, per la cronaca, finì in un’archiviazione. Il tritovagliatore di Rocca Cencia, nel frattempo, ha continuato a lavorare accogliendo i rifiuti di ben 51 comuni della provincia di Roma.
LO SPETTRO DELL’EMERGENZA – Ora le grandi paure sono due. La prima è che durante le feste natalizie Roma possa riempirsi di immondizia lasciata in strada, più di quanta non ve ne sia già normalmente. In secondo luogo, che il prossimo anno possa arrivare la stangata sulla Tari, che nella Capitale risulta essere già la più alta d’Italia. Per quanto riguarda la parte operativa, i conferimenti verso Frosinone e Viterbo sono iniziati sin da ieri, dunque da questo punto di vista non dovrebbero esserci problemi. La grande incognita, riguarda le aree di stoccaggio. I compattatori cittadini, infatti, devono scaricare materialmente l’immondizia in un’area – autorizzata, naturalmente – per poi essere raccolti dai tir a lunga percorrenza. Queste aree, al momento, potrebbero essere solo Rocca Cencia (già in uso al tmb) e Maccarese (nei pressi dell’impianto di compostaggio), ma gli stessi camion sono costretti a stare fermi nel weekend e nei giorni festivi. La cosa che potrebbe generare un vulnus pericolosissimo fra Natale e l’Epifania, in ragione del fatto che Ama non ha mai trattato con i sindacati una turnazione ragionevole dei lavoratori.
QUANTO COSTA LA “MONNEZZA” ROMANA – C’è poi il tema dei costi. Da quando è stata chiusa Malagrotta, in 5 anni il Comune di Roma ha speso ben 700 milioni di euro per inviare i proprio rifiuti (e derivati di essi) in giro per il mondo. Tecnicamente, conferire presso i tmb del Lazio, con il prezzo stabilito dalla Regione, potrebbe addirittura convenire, spendendo circa 150 euro a tonnellata contro i 193-207 euro previsti dal conferimento di cdr e fos presso discariche e inceneritori del nord Italia. In Ama, tuttavia, calcolano in circa 20 milioni i costi superiori dovuti. Al prezzo calmierato bisognerebbe aggiungere quello per il trasferimento verso impianti di smaltimento che nell’area romana non ci sono. Questo surplus, dunque, potrebbe portare all’aumento della Tari evocato da Virginia Raggi. Cosa che sarebbe potuta accadere comunque, dato che il documento finanziario 2019 in approvazione in Assemblea Capitolina prevedeva una diminuzione di 40 milioni di euro di fondi assegnati alla municipalizzata. “Ma il documento andrà ragionevolmente approvato così com’è per poi modificato il prossimo anno”, spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente della Commissione capitolina Bilancio, Marco Terranova: “Faremo di tutto per evitare l’aumento, sottoponendo a forte razionalizzazione l’Ama, società che potrebbe lavorare meglio risparmiando risorse”. Dunque, ulteriori tagli.