Quasi cinquecento giornalisti querelati . Ma soltanto 16 vengono condannati per diffamazione: meno del 4 percento. Alla fine, però, le condanne in totale sono superiori a dieci anni di carcere. È quello che succede ogni anno in Sicilia, secondo i dati forniti dal ministero della giustizia a Ossigeno per l’Informazione durante il convegno dal titolo “Art. 21, la libertà di stampa e la mappa dei giornalisti minacciati in italia”, promosso con dall’Ordine regionale dei Giornalisti e dal Centro Studi Pio Latorre, e ospitato dalla Fondazione Banco di Sicilia a Villa Zito il 13 dicembre.
Ogni anno, i tribunali siciliani infliggono pene detentive per complessivi dieci anni e sei mesi di carcere ai querelati per diffamazione a mezzo stampa (reato contestato ovviamente soprattutto ai giornalisti). Subiscono questa condanna 16 querelati su 437. Altri 22 condannati devono pagare una multa. Tutti gli altri 399 vengono prosciolti dalle accuse dopo processi che durano da due a sei anni. Numeri che riguardano l’esito degli 874 processi per diffamazione a mezzo stampa trattati nei distretti giudiziari della Sicilia nel biennio 2014-2015 e rappresentano l’8,4 % dei 10.728 processi su questa materia definiti nello stesso periodo in tutta Italia.
“Anche in Sicilia, come nel resto d’Italia i procedimenti penali per diffamazione a mezzo stampa che si concludono con il proscioglimento degli imputati (prevalentemente giornalisti) sono più di nove su dieci. La percentuale siciliana è del 91,3%, in linea con la media nazionale, che è del 92%. Nell’Italia intera ogni anno vengono inflitti ai colpevoli 103 anni di carcere. I 10 anni e sei mesi inflitti in Sicilia dicono che nell’Isola l’applicazione della pena detentiva per questo reato è più alta della media nazionale e mostrano notevoli differenze fra i distretti della Corte d’Appello di Palermo, Catania, Caltanissetta e Messina, con un record detenuto da quest’ultimo”, ha spiegato il presidente di Ossigeno, Alberto Spampinato, fratello di Giovanni, giornalista assassinato da Cosa nostra nel 1972.
“Di fronte a tutto ciò è inspiegabile che il Parlamento continui a rinviare l’abolizione del carcere per diffamazione e altre più elementari norme necessarie per impedire che le querele pretestuose e infondate siano usate come un bavaglio. È inspiegabile – ha aggiunto Spampinato – che di fronte a dati ufficiali inoppugnabili come questi, che portano in luce lo scandalo di chi abusa impunemente della macchina della giustizia utilizzandola a scopo intimidatorio, non cambi nulla”.
Il presidente di Ossigeno ha aggiunto che questi dati ufficiali mettono in luce due aspetti: “Nove proscioglimenti ogni dieci querele significa che anche in Sicilia, la macchina della giustizia gira a vuoto a causa di chi presenta querele pretestuose e infondate, il più delle volte a scopo intimidatorio, per mettere in difficoltà giornalisti che pubblicano notizie non gradite. Questi dati mostrano, inoltre, che la pena del carcere per questo reato continua a essere applicata profusamente, nonostante la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani affermi che questa punizione è fortemente sproporzionata e ha un chilling effect sulla libertà di stampa. Anche il Parlamento italiano condivide questo giudizio e discute da anni progetti di legge per abolire il carcere, lasciando quale unica pena la multa”.