Una prima assoluta, per l’Italia: venerdì 14 dicembre i lavoratori del terzo settore, i dipendenti delle cooperative sociali e gli educatori professionali scendono in piazza per il primo sciopero della categoria organizzato dall’Unione Sindacale di Base. Un settore da sempre atipico. E silenzioso. Almeno finora. Giovani e meno giovani che lavorano nel sociale, con contratti precari e stipendi spesso molto bassi, che dedicano la loro professionalità all’assistenza dei più vulnerabili, siano essi anziani, bambini, portatori di handycap, stranieri o marginalizzati. L’appuntamento è alle 11 a Roma, davanti a Montecitorio.
Ma quali sono nello specifico i motivi del malcontento e le rivendicazioni? “Difendere la qualità dei servizi significa difendere la nostra professionalità. Difendere i nostri posti di lavoro significa difendere il diritto di milioni di cittadini di accedere al diritto alla salute, all’accoglienza, al welfare universale, ai servizi alla persona, ai servizi culturali”. Ma il punto vero è un altro: in tutto il Paese sono a rischio migliaia di posti di lavoro. Da un lato ci sono il decreto Lorenzin e la ex legge Iori, che impongono un riordino professionale che esclude migliaia di educatori dal riconoscimento del proprio titolo qualificante e della propria posizione professionale e obbligano ad una formazione onerosa gli educatori non in possesso di specifica qualifica, pena il rischio di vedersi accusati di abuso della professione educativa o di dover rinunciare al proprio lavoro. Dall’altro lato c’è il Decreto Sicurezza appena emanato, che – in base alle stime – farà saltare dai 15 ai 25mila posti di lavoro di quanti oggi operano nei Cas, negli Sprar e negli altri servizi rivolti a migranti e rifugiati.
L’Usb punta anche il dito contro le esternalizzazioni dovute alla riduzione della spesa pubblica per i servizi sociali, sanitari, culturali e di welfare. Proprio lì si annidano – secondo il Sindacato di Base – il malaffare e lo sfruttamento dei lavoratori, spesso più simili a volontari che a salariati. Per questo l’Usb chiama alla mobilitazione tutti gli operatori del settore: dagli educatori in rivolta agli operatori sociosanitari, che chiedono il riconoscimento del lavoro di cura come lavoro usurante; da quelli che rischiano il posto per ristrutturazioni aziendali, cambi d’appalto, riorganizzazione dei servizi, agli operatori dell’accoglienza, per i quali il Decreto Sicurezza significa perdita di migliaia di posti di lavoro (oltre che espulsione di massa dei migranti dal sistema di un’accoglienza degna), fino a tutti gli operatori esternalizzati, che chiedono lo svincolo dei servizi sociali dal Patto di Stabilità e la fine del regime degli appalti.
Spiega a ilfattoquotidiano.it Fabio Perretta, del Coordinamento Nazionale Usb Lavoro Privato: “Questo sciopero è stato richiesto e fortemente voluto dalla base, da molti educatori esasperati. Abbiamo un contratto scaduto da 6 anni, con una trattativa in corso da parte di Cgil, Cisl e Uil che – in base alle voci – non promette progressi. Le faccio un esempio: un educatore che fa la notte passiva in struttura (ovvero garantisce la presenza di un responsabile, dormendo lì, come è spesso richiesto), viene pagato a forfait una ventina di euro. Oppure ancora: gli straordinari spesso non vengono retribuiti, ma finiscono nella banca ore a conguaglio”. A proposito del titolo di studio, che riguarda decine o centinaia di migliaia di lavoratori in tutta Italia, “chiediamo che si agisca come fu fatto a suo tempo per gli infermieri: chi già professava si è visto riconosciuto il diritto a continuare a lavorare, per i nuovi è partito il corso di laurea in Scienze infermieristiche.”
E poi c’è la grande incognita del Decreto Sicurezza: “Nell’accoglienza ci sono due problemi: spesso è strutturata con contratti precari e con figure sottoinquadrate a livello sanitario, inferiore a quello educativo. Gli insegnanti di italiano come seconda lingua sono anche loro inquadrati a livello inferiore. È una giungla”. Ma non basta: “Entro marzo giungeranno a scadenza i bandi che sono stati rinnovati quest’anno e si arriverà a un taglio del 30/40% del personale nei centri: perderanno il lavoro insegnanti di L2, mediatori, assistenti sociali… Salvini e Di Maio si pongono in contraddizione, poiché ci troveremo davanti all’emergenza di un’espulsione di massa di lavoratori. Chiediamo dunque meccanismi di salvaguardia e presa in carico da parte dei centri per l’impiego, oppure che le regioni siano tenute a interloquire con legacoop e gli altri enti per reimpiegare gli educatori in esubero”.
E se così non fosse, cosa accadrà? “Chi potrà avrà la disoccupazione. Le cooperative più grosse dirotteranno i propri dipendenti su altri settori, come ad esempio la disabilità o la tossicodipendenza. Ma molte cooperative sono nate proprio per i servizi di accoglienza e non hanno possibilità di impiegare altrimenti i propri lavoratori. La maggior parte di loro verrà espulso dal settore, perdendo anche l’esperienza maturata negli anni.”