Il suo slogan è porte aperte, come il romanzo di Leonardo Sciascia ma soprattutto come i tornelli d’entrata del Pd. Davide Faraone è segretario dei dem in Sicilia da poche ore e non può non citare l’uomo che tutti indicano come suo interlocutore fantasma: Gianfranco Micciché, viceré di Forza Italia sull’isola. “Perché voi continuate a buttarla sul nome di Miccichè? Tutti i moderati e i riformisti avranno in noi un punto di riferimento”, dice il luogotenente di Matteo Renzi, incontrando i giornalisti nella sede di via Bentivegna: il contratto di affitto è in scadenza, mentre le stanze di partito sono deserte visto che i 16 dipendenti erano stati licenziati causa mancanza di fondi. Insomma è un partito allo sbaraglio quello di cui Faraone è diventato segretario. Una nomina tra veleni e feroci guerre intestine, come nella migliore tradizione siciliana, visto che l’ex sottosegretario è stato eletto senza primarie per il ritiro della sua unica concorrente: l’esponente della area Zingaretti, Teresa Piccione. Che aveva motivato il suo passo indietro con un’accusa precisa ai renziani: “Da giorni nei territori ci arrivano segnali di una mobilitazione di massa da parte di altri partiti per le primarie di domenica. È inaccettabile che a scegliere il segretario del Pd possano essere elettori di Sicilia Futura o Forza Italia“.
Alla fine il segretario del Pd non lo hanno scelto né gli elettori di Forza Italia e neanche quelli dello stesso Pd visto che la comissione regionale per il congresso ha annullato le primarie e nominato lo stesso Faraone. Una decisione presa a maggioranza. E infatti quattro componenti dell’organismo di partito (Vincenzo Lo Re, Agata Teresi, Franco Nuccio e Domenico Pirronesi) hanno inviato un ricorso alla commissione regionale di garanzia chiedendo di dichiarare “nulla” la comunicazione dell’elezione di Faraone a segretario del partito siciliano e “fuori termine” la presentazione delle liste con i 180 candidati all’Assemblea regionale. Un secondo ricorso alla commissione presieduta da Giovanni Bruno è stato presentato dall’esponente dem Antonio Ferrante. Nell’appello si contesta il regolamento regionale, deliberato dalla direzione del partito lo scorso 25 ottobre “in violazione del regolamento quadro nazionale”, e di conseguenza tutti gli atti successivi.
Insomma la guerra delle carte bollate è appena iniziata, mentre sull’ex sottosegretario si allungano subito le orme del sospetto: non è che dopo aver aperto il partito a una serie di ex sostenitori di Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo e Silvio Berlusconi, Faraone ha deciso di usare il Pd in Sicilia come laboratorio del fantomatico nuovo partito di Renzi? Un unico contenitore con Forza Italia, da brevettare sull’isola per varare il nuovo soggetto politico unico svelato da Paolo Romani? D’altra parte, lo stesso Micciché fu ospite applaudito dell’ultima “Leopolda del Sud” promossa da Faraone (detta anche “Faraona”).
“Queste operazioni non funzionano Se tu offri la somma di politici e notabili è un prodotto scadente“, sostiene il neo segretario dei dem in Sicilia. Un concetto che lui stesso ha avuto modo di sperimentare in prima persona visto che da quando ha scalato il partito al seguito di Renzi ha annesso nel Pd una serie di politici locali provenienti dal centrodestra. Operazioni che dovevano essere propedeutiche a far incetta di voti in vista del referendum costituzionale. L’esito della consultazione del 4 dicembre 2016 e le politiche del 2018 (con il clamoroso exploit del Movimento 5 stelle) hanno sonoramente bocciato le campagne acquisti dei renziani. E infatti ora il neo segretario vuole fare del Pd “il polo attrattore unico di quelli che sono alterativi al M5s e alla Lega. Tutti i moderati avranno in noi un riferimento, questo sì che è un accordo che mi appassiona. Non i nomi”. Non è un caso che Miccichè, ascoltatissimo consigliere di Berlusconi, è uno di quei forzisti che non vuole tornare ad allearsi con la Lega e durante il “caso Diciotti” aveva definito “uno stronzo” Matteo Salvini. “Io non ho aperto un dibattito con Salvini, l’ho chiuso. Con Salvini non c’e’ dialogo. Ancora lo corteggiamo perchè abbiamo il mito delle alleanze… minchiate… se pensiamo alle alleanze che puntano a ricostruire il quadro politico che c’era fino all’anno scorso, siamo degli illusi”, diceva Micciché ospite di Faraone alla Leopolda sicula. Dove aveva aperto agli amici dem: “Proviamo a evitare di odiarci tra noi – aveva detto – proviamo a trovare soluzioni comuni. Non credo sia facile, siamo pronti a seguire gli eventi nazionali anche qui in Sicilia nonostante credo sia difficile. Forza Italia e Pd hanno perso tanto perché si sono massacrati al loro interno. La gente è stufa delle liti. Proviamoci”. L’amico Faraone ci sta provando.