Prima premessa: sono un polentone, perciò non conosco la Sicilia quanto un siciliano. Seconda premessa: la frequento, per motivi personali, da tre anni e mezzo. Terza e ultima: ne sono innamorato e, proprio come succede col proprio partner, mi fa incazzare. Sempre. Detto ciò, veniamo a noi.
Ho trascorso, di recente, tre giorni sulle Madonie. Per chi non lo sapesse, si tratta di una catena di montagne dell’Appennino siculo che sta nella parte Nord dell’isola. Ho scoperto, inerpicandomi lungo le salite fino ai 1500 metri di Piano Battaglia, una Sicilia bellissima, lontana dalle spiagge e dagli itinerari turistici più battuti, fatta di foreste di conifere, pascoli verdissimi, corsi d’acqua, agriturismi e borghi ricchi e antichi: Petralia Soprana, Gangi, Castelbuono. Una Sicilia che non conoscevo e che mi ha fatto ripetere, più o meno ad alta voce per un centinaio di volte: “Cazzo, che bel posto”.
Eppure, eppure… quanti “eppure”. Da persona che ha vissuto per 28 anni al Nord (e che comunque ha girato buona parte dell’Italia, città e capitali europee, qualche angolo del mondo, ecc.) mi sono chiesto: ma com’è possibile che anche qui, in mezzo a tanta bellezza, le strade cadano a pezzi, i ponti stiano in piedi con lo Spirito Santo e le strutture ricettive siano così scarsamente preparate nell’offrire un servizio decente in una stagione che non sia l’estate, considerando che, molto probabilmente, potrebbero vivere di turismo 12 mesi all’anno?
Non lo so, non mi so dare una risposta. O forse sì, ma di riesumare l’unità d’Italia (o la campagna militare sabauda, dipende dai punti di vista), Depretis, Crispi, la Democrazia cristiana e Cosa nostra non mi va. Non è lo spazio adatto (per questo ci sono romanzi storici e saggi, tipo La questione meridionale in breve di Guido Pescosolido, Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ma anche gli scritti di Francesco Saverio Nitti, come L’Italia all’alba del secolo XX o Il bilancio dello Stato dal 1862 al 1896-97, e Storia del miracolo italiano di Guido Crainz).
Qui, quello che voglio fare, è aprire un dibattito, porre una domanda: al netto delle ragioni storiche, siciliani (e italiani), che si fa? Cosa facciamo da qui in avanti per rendere questa regione, finalmente, la più bella d’Italia? E, con “bella”, intendo dire anche produttiva, connessa, ricca (detto altrimenti: che funziona).
Un veloce esempio, emblematico, di ciò che ho visto qualche giorno fa: a Petralia Sottana una giovane coppia deve rinunciare alle passeggiate col cane – e ora immaginatevi una famiglia di turisti tedeschi – perché i boschi sono infestati dalle processionarie. E nessuno fa niente per rendere la situazione, semplicemente, normale. E poi gli esempi più conosciuti ma che vale la pena ribadire: i giovani costretti a cercare fortuna altrove (in tutto il Mezzogiorno, secondo Svimez, si sono persi 1 milione e 883mila residenti negli ultimi 16 anni, la metà dei quali tra i 15 e i 34 anni) mentre per esempio, a Milano, i coetanei più spesso scelgono di partire; le strade che crollano – da quel che sento i palermitani si fanno il segno della croce prima di mettersi in auto in direzione Agrigento – e, accanto a ciò, un sistema ferroviario inesistente, con l’89% dei quasi 1500 km della rete a binario unico, i convogli sulla linea Siracusa-Catania-Messina più lenti che in passato, le 429 corse regionali contro le 2.396 della Lombardia e i treni con un’età media di 19,2 anni contro i 13,3 del Nord.
Ora, torniamo all’interrogativo che ho posto poco più su e all’attualità. Nel contratto di governo c’è un capitoletto dedicato al Sud che dice, sostanzialmente, “non ne parliamo perché tutte le misure previste in questo documento andranno a beneficio anche del Meridione”. E d’altra parte Luigi Di Maio, a domanda esplicita su quali saranno i provvedimenti dedicati al Sud, ha tirato in ballo il reddito di cittadinanza.
Da ciò che ho visto, almeno in Sicilia, ciò che più serve non è un sostegno al reddito (non lo chiamo di proposito sostegno all’occupazione perché l’occupazione, purtroppo, scarseggia) ma sono investimenti e infrastrutture. Investimenti e infrastrutture. Certo, in linea di principio il reddito di cittadinanza è cosa buona e giusta. Ma lo è se prima ho un treno che mi porta in una città che dista 150 chilometri dalla mia in un’ora e se non sono costretto ad attraversare un viadotto a 30 km/h perché è pericolante.
E allora, domanda disinteressata rivolta a chi vive in Sicilia: siete soddisfatti di ciò che il governo intende fare per la vostra regione? Se sì, perché? Se no, perché e cosa chiedereste?