“Una delle realtà più belle del calcio europeo”, la definisce Matteo Salvini con la sciarpa del Milan al collo. Che, da tifoso rossonero, non ha rinunciato a presenziare alla festa per i 50 anni di vita della Curva Sud milanista. La stessa nella quale, come raccontato dal Fatto Quotidiano, si segnalano diverse persone vicine ai clan di ‘ndrangheta. E dove non mancano persone finite nei guai con la giustizia. “Anch’io sono indagato, sono un indagato in mezzo agli indagati”, risponde a chi gli ricorda gli episodi che hanno visto coinvolti alcuni ultras.

Come Luca Lucci, arrestato lo scorso 4 giugno, a pochi giorni dal giuramento di Salvini come ministro dell’Interno. Trentasei anni, Lucci è uno dei capi della Sud. Volto noto e figura carismatica della tifoseria milanista, colpito tre volte dal Daspo e condannato per l’aggressione a un tifoso dell’Inter, è finito in un’indagine assieme ad altre 21 persone, tutte destinatarie di misure cautelari, con l’accusa di vendita e spaccio di droga. In quell’operazione vennero sequestrati 600 chili di hashish, marijuana e cocaina e, stando all’indagine, fu proprio il “Toro”, come è soprannominato Lucci, a scovare e scollegare una telecamera della polizia utile alle indagini.

A settembre ha patteggiato una pena di un anno e mezzo. Oggi, al centro dell’Arena Civica, ha stretto la mano al ministro dell’Interno come testimoniano le foto dell’Ansa. In curva aveva preso il posto di Giancarlo Lombardi detto Sandokan, il quale è stato indagato per riciclaggio con manager già vicini ai Fidanzati, nota famiglia di Cosa nostra. Oggi Lombardi bazzica poco lo stadio, “ma resta – spiegava un investigatore a Ilfattoquotidiano.it a luglio – ancora il garante della curva.

Non solo, perché ultimamente nella Sud, dietro allo striscione Nativi di Milano, al primo anello e mal sopportati dai capi storici del secondo, scalpitano i Black Devil. Qualcosa di più di un semplice gruppo organizzato, perché portano in curva rapporti con la ’ndrangheta che conta in Lombardia e conoscenze con ex dirigenti rossoneri, nonché ex campioni del Milan di Sacchi come Filippo Galli, pure lui presente alla festa all’Arena Civica. Come pure Franco Baresi e Daniele Massaro.

Legami e curriculum criminali che non hanno indotto il capo del Viminale a tenersi alla larga dalla festa degli ultras. “Io sono per il tifo corretto, colorato e colorito. Ci sono tante brave persone con il tamburo. Episodi di violenza non mi appartengono e non appartengono a nessuno sportivo. Ognuno indaghi ed è giusto. Anch’io sono indagato, sono un indagato in mezzo agli indagati”, ha spiegato sulla vicenda prima di commentare i risultati della squadra di Gattuso e la recente sentenza della Uefa sui conti del club. Con tanto di riferimento “all’accanimento particolare” dell’Europa sulle società italiane.

“È gravissimo che il ministro degli Interni sottovaluti in modo così clamoroso le indagini della magistratura su alcuni ultrà del Milan e arrivi a scherzarci sopra”, dice Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd ed ex membro della commissione Antimafia che ha svolto una lunga inchiesta sulle infiltrazioni nelle curve italiane. “Le indagini riguardano reati gravi e si parla di rapporti con la ‘ndrangheta, ciò che Salvini dovrebbe combattere invece di fraternizzare con gli indagati”. Per Nico Stumpo: “Salvini si dimostra ancora una volta non un uomo delle istituzioni ma un uomo di parte, andando a fare il tifoso tra gli ultras, perché quello del tifoso è il suo modello – dice l’esponente di Liberi e Uguali – Per di più si definisce indagato tra gli indagati, dimenticando che magari tra loro c’è chi ha commesso violenze contro gli agenti delle forze dell’ordine”.
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