C’era una volta Wonder Boy, un classico targato Sega che spopolava nelle sale giochi e in seguito sulle console da casa, e che per problemi burocratici rimase bloccato in un limbo temporale vedendo il suo ultimo capitolo relegato al solo giappone,e  li nel 1994 lontano nel tempo e nello spazio rimase cristallizzata la licenza della serie, senza apparente possibilità di ritorno.
Il 2018 invece sembra essere l’anno dei grandi ritorni, e un nuovo capitolo della saga compare sulle console casalinghe, con un nome leggermente diverso per aggirare le problematiche riguardanti la licenza, ma sviluppato con un amore unico e a stretto contatto con Ryuichi Nishizawa, padre della serie, giusto in tempo per i 30 anni della saga.

Il risultato è Monster Boy and the Cursed Kingdom, un gioco dalla indole tipicamente giapponese, con colori sgargianti e nemici minacciosi e allo stesso tempo buffi, proprio come tutti gli altri capitoli della saga ci avevano abituato, ed è tutto un bellissimo rimando a chi i titoli precedenti li ha giocati e amati, ma è una piacevole sorpresa anche per chi non ha mai toccato nessuno dei suddetti titoli e cerca semplicemente un gioco divertente, magari con quella punta di retrò che non guasta.

Tutto il gameplay ruota attorno a Jin, il protagonista e alla sua capacità di trasformarsi in buffi mostri dalle abilità uniche, che di volta in volta potremo scegliere a seconda della situazione per trarci dai guai in cui finiremo, cercando appunto di sciogliere quella stessa maledizione che ci ha trasformato, e che ha trasformato tutto il villaggio in animali antropomorfi, dando all’intero gioco quell’impronta che ricorda i cartoni animati della scuola giapponese, come ad esempio i film di Miyazaki.

Una miscela riuscitissima di azione, piattaforme e quel pizzico di gioco di ruolo che vi porterà a rimanere incollati allo schermo anche solo per vedere quale nuova ambientazione avrete sbloccato utilizzando l’abilità appena ottenuta sconfiggendo un boss o avanzando nel gioco, tra un mostro e una piattaforma in un meccanismo cosi simile a quello dei predecessori anni 90 ma ancora cosi fresco, e reinventato per l’occasione con nuove meccaniche, dando al giocatore un continuo senso di appagamento, sia per i rimandi ai giochi classici che per i tocchi di classe inseriti appunto per rendere l’esperienza divertente a chiunque si approcci al titolo e non solamente agli amanti della saga storica.

Mutati nel buffo maiale pirata, potrete utilizzare svariati gadget, nella forma di serpente raggiungerete anfratti altrimenti inarrivabili che apriranno nuove vie, la forma di uomo-rana vi dona la possibilità di utilizzare particolari piattaforme inaccessibili prima, mentre il leone dona una forza bruta che permette di distruggere i blocchi di pietra che ci ostacolano il cammino; la forma del drago è l’ultima e anche la più iconica di tutta la saga, e vi permetterà di librarvi in volo e di sputare fiamme su tutti i nemici a portata di tiro, mentre esplorate un mondo in due dimensioni meravigliosamente animato e dai colori accesi e bellissimi, mentre la colonna sonora scandisce la vostra progressione nel migliore dei modi, con motivetti orchestrali che vi capiterà di fischiettare inconsapevolmente dopo l’ennesima partita.

Monster Boy and the Cursed Kingdom in definitiva è un gioco creato con tantissimo “cuore” e amore per i dettagli, che vi strapperà più di un sorriso e che non mancherà di ricordare a tutti l’anima ereditata dai capitoli precedenti, mettendo il giocatore difronte a sfide crescenti, culminanti in un finale che vi obbligherà a un po’ di impegno extra per vedere la proverbiale schermata dei credits. Sicuramente una delle sorprese più belle di questo intenso anno videoludico, che da il meglio di se sulla portatile di casa Nintendo proprio per le due modalità che sono il punto forte di Switch, non presentando nessuna differenza sia in modalità portatile che su un grosso televisore da 55 pollici come quello usato per la recensione.

 

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