di Augusto Preta
Nel 2020, la broadband tv sarà la modalità primaria di accesso ai contenuti televisivi per 8,5 milioni di abitazioni italiane. Perché sfrutta meglio le opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica per rispondere alle mutate richieste dei consumatori.
Il mercato tv in Italia
Il 23 ottobre 2015, il giorno successivo al lancio di Netflix in Italia, lavoce.info intitolava: Arriva Netflix e cambia la tv. Sono passati tre anni e secondo l’ultimo rapporto realizzato dalla società di consulenza ITMedia Consulting Il mercato tv in Italia 2018-2020. L’effetto Netflix, quelle previsioni sembrano sul punto di realizzarsi. Come emerge dallo studio, a tre anni di distanza dall’ingresso della società di video streaming in Italia, si profila una vera e propria rivoluzione, che trasforma dalle fondamenta la televisione italiana.
Facciamo parlare i numeri. Oggi (fine 2018) sono più di 3,5 milioni le famiglie che vedono la televisione via internet. Nel 2020, la broadband tv sarà la modalità primaria di accesso ai contenuti televisivi per 8,5 milioni di abitazioni. In altre parole, il doppio di abbonati ai servizi di video on demand (Netflix, Amazon, Tim Vision, Chili, ma anche Sky Now e Infinity) di quanti, dopo 13 anni, non ne abbia un operatore via satellite come Sky. Ulteriore segnale di profonda, radicale, trasformazione, anche culturale, del nostro paese, è dato dall’abbandono della tv gratuita come modalità primaria di accesso ai contenuti televisivi, con l’esplosione anche in questo caso della pay-tv, che passerà dal 42% a fine 2018 al 55% del totale famiglie italiane. In questo contesto, la piattaforma broadband pay raggiungerà nel 2020 una quota del 61%, erodendo quote di mercato a tutte le altre piattaforme. Fa pensare il fatto che ancora nel 2017 il broadband era la terza piattaforma e in appena tre anni diventerà la prima, con ampio margine.
In termini di risorse, il mercato riprenderà a crescere ma in maniera più selettiva rispetto al passato, con un tasso medio annuo del 3,4%. In questo modo si raggiungerà quota 8,8 miliardi, grazie soprattutto al notevole incremento dei ricavi previsto nel 2020. La pubblicità rimarrà stazionaria, specie nella parte televisiva tradizionale (broadcast), con una crescita dell’1%, proveniente in particolare dalla componente televisiva online. Molto più consistente la crescita della pay-tv, che nonostante il calo previsto nelle componenti tradizionali di satellite e digitale terrestre, crescerà a un tasso medio annuo del 4,7%. Per contro, il segmento broadband passerà, in termini di risorse, dal 9% al 26% nel periodo considerato, trainando il mercato, nonostante ricavi medi per abbonato (Arpu) sensibilmente più bassi, legati allo sviluppo di nuove offerte e modelli di business (Vod-video on demand). Quest’ultimo, nella duplice componente, per abbonamento (Svod-subscription video on demand, come Netflix) e a consumo (Tvod-Transactional video on demand, come Chilli), diventerà una componente sempre più rilevante della pay-tv, rappresentando alla fine del 2020 quasi il 20 per cento del totale.
La scalata degli “altri operatori”
In appena due anni, grazie soprattutto allo Svod e all’effetto Netflix, il settore – secondo ITMedia Consulting – assumerà dunque dimensioni importanti, essendo utilizzato non più soltanto da consumatori con specifiche caratteristiche demografiche (millennials), ma anche dal resto della popolazione. A differenza però di altri paesi (Usa, Regno Unito e Nord Europa) non darà luogo ancora a fenomeni di sostituzione (cord-cutting), sviluppandosi in maniera complementare e non intaccando le risorse della pay-tv tradizionale, che rimangono sostanzialmente invariate.
Sky, Mediaset e Rai si spartiranno l’84% del mercato televisivo totale. Pur rimanendo dominanti, cederanno però quote consistenti agli “altri operatori”, scendendo per la prima volta sotto il muro anche psicologico del 90%. Cresce enormemente la quota “altri operatori”, trainata dal Vod, che passa dall’8% nel 2018 al 25% nel 2020. Nel triennio 2018-2020 raddoppieranno i propri ricavi fino a raggiungere complessivamente quasi 1,5 miliardi, a un tasso medio annuo del 40%, consolidando la posizione di alcuni di loro, ormai non più marginale, nel panorama televisivo nazionale.
In conclusione, appare chiaro come il settore stia cambiando pelle e si trovi ad affrontare la crescente competizione multi-dispositivo e multi-piattaforma dei contenuti audiovisivi online, che impone a tutti i broadcaster di innovare e sviluppare nuovi approcci al mercato e nuove strategie per competere con nuovi e vecchi concorrenti. ITMedia Consulting prevede che tale dinamica continuerà a manifestarsi anche nel prossimo biennio, focalizzandosi sui comparti più dinamici e innovativi, a cominciare dal video streaming, dove si stanno trasferendo ingenti risorse sottratte alla televisione tradizionale e dove nuovi operatori “non-televisivi” raccolgono gran parte delle risorse pubblicitarie.
Le famiglie italiane ormai guardano la nuova televisione in digitale con una maggiore consapevolezza dei diversi modelli di offerta, lineari e non lineari. Il modello di tv tradizionale avverte sempre più la presenza incombente e molto dinamica dei servizi di streaming online, dove si concentrano le strategie di alcuni importanti operatori internazionali, attraverso le nuove modalità di fruizione di contenuti in Svod della broadband TV. Gli operatori che si basano solamente su modelli di business consolidati sono dunque penalizzati: la crescita, significativa, dei nuovi entranti mostra come questi siano in grado di sfruttare più degli altri le opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica e dalle mutate esigenze della domanda, traducendole in un’offerta appetibile al pubblico, sempre più orientato verso una fruizione personalizzata, multipiattaforma, multischermo, anche in mobilità.