La minaccia della procedura di infrazione non nasce dal disavanzo nominale (ora ridotto dal 2,4 al 2,04%) ma da quello strutturale, che l'Italia si era impegnata a ridurre dello 0,6% mentre poi ha previsto di aumentarlo dello 0,8% allontanando il pareggio. Ora il governo chiede l'esclusione dal calcolo dei costi per dissesto idrogeologico e riforma della giustizia. Ridurre la stima del pil consente poi di ridurre lo sforzo richiesto
Roma e Bruxelles non hanno ancora trovato un accordo che consenta di evitare la procedura di infrazione per debito eccessivo. Se la trattativa con la Ue va per le lunghe nonostante il dietrofront del governo sul deficit/pil, è perché al centro del negoziato non c’è l’indebitamento nominale ma quello strutturale. Cioè la differenza tra entrate e spese dello Stato al netto del ciclo economico e delle misure una tantum legate a catastrofi naturali o emergenze sociali. L‘iter della procedura di infrazione infatti non è partito a causa del deficit 2019 fissato inizialmente al 2,4% del pil, ma perché l’Italia dopo essersi impegnata a ridurre il deficit strutturale dello 0,6% raggiungendo così il pareggio di bilancio ha poi previsto nei documenti inviati alla Ue di aumentarlo dello 0,8%. Rinviando il pareggio al 2021.
Il governo gialloverde negli ultimi giorni si è mosso in due direzioni per mettere a segno una riduzione del deficit/pil strutturale di 0,1-0,2 punti. Innanzitutto ha chiesto che la Ue consideri “eccezionali” le spese per il dissesto idrogeologico e per la riforma della giustizia civile e penale quindi le escluda dal calcolo del disavanzo strutturale. Poi, come emerso lunedì, è orientato a rivedere al ribasso la previsione di crescita per il 2019, portandola dall’1,5 all’1%. Un’economia che cresce di meno consente di aumentare il cosiddetto output gap, l’indicatore che la Commissione usa per calcolare se la crescita reale di un paese si avvicini o no alla sua “crescita potenziale”. Più ampio è il gap, minore è lo sforzo di aggiustamento richiesto. Già nel suo “rapporto sui fattori rilevanti che influenzano la dinamica del debito“ inviato a Bruxelles a novembre il Tesoro ha sostenuto che in base ai suoi calcoli l’output gap dell’Italia negli ultimi anni è stato “significativamente più ampio di quanto suggerito nelle stime della Commissione”.
Secondo il Corriere della Sera, nonostante le minori coperture ritenute necessarie per reddito di cittadinanza e quota 100 la Ue chiede altri 2,5-3 miliardi di risparmi strutturali, poco meno di 0,2 punti di pil. L’avvio della procedura d’infrazione contro l’Italia non è stato inserito nell’agenda della riunione della Commissione prevista domani ma, scrive sempre il Corriere, il presidente Jean-Claude Juncker si riserva l’autorità di rimettere la delibera in agenda domani, per poi eventualmente congelarla se sarà possibile negoziare per un altro giorno o due. La portavoce Ue ha spiegato oggi che il collegio dei commissari