Davide Randazzo, catanese 31 anni, dopo avere vissuto in Australia e Inghilterra, ora lavora in Germania nel settore turistico. E a tornare in Sicilia non ci pensa nemmeno. "In Italia nessuno ascolta le tue idee. Qui mi pagano per essere creativo"
“Mai nella mia vita avrei pensato di andare in Germania, nemmeno da turista”. E invece Davide Randazzo, catanese 31 anni, oggi vive e lavora a Dortmund, città tedesca di 586mila abitanti, lontana dalla vivace Monaco o dalla cosmopolita Berlino. Davide lavora come project manager per una delle più grandi start up tedesche del turismo: ha trasformato in una professione la sua passione per i viaggi, che lo ha portato a vivere prima in Australia, poi in Inghilterra, e infine in Germania. Prima per cercare fortuna, poi per amore.
Tutto comincia ai tempi della scuola, quando suo padre, convinto che l’inglese sarebbe stato il suo futuro, lo spinge a frequentare i corsi di lingua all’estero. Con il senno di poi, riflette Davide, mai consiglio fu più azzeccato. Finito il liceo, decide di prendersi del tempo per capire cosa fare da grande: ha la doppia cittadinanza, perciò prepara le valigie e parte per il mondo di sotto, l’Australia. “È stata un’importante esperienza di vita: vivevo da solo, lontano dalla mia famiglia”. Un anno dopo prende il volo di ritorno per Catania, si iscrive all’università e comincia a far pratica in un’agenzia di viaggi, dove capisce che quello sarebbe stato il suo mestiere. Ma le prospettive a casa sono deludenti, e Davide parte di nuovo, stavolta verso l’Inghilterra: “Io ho provato a cercare lavoro in Italia, ma le offerte erano terribili sia dal punto economico che umano: nessuno ascolta le tue idee, le tue proposte, lì invece all’estero ti pagano per essere creativo”. Arriva a Liverpool, dove lavora come guida turistica per studenti stranieri che fanno i corsi estivi, poi è la volta di Londra, come coordinatore di una grande scuola di lingue. Ai ragazzi a cui faceva da tutor ripete sempre lo stesso consiglio, che è la sua regola di vita: “Vincete la paura e partite”.
La capitale britannica diventa la sua casa, nonostante gli affitti alle stelle e le difficoltà di una grande metropoli. “Ero innamorato di Londra: è una città che ti offre tanto, avevo un buon lavoro, mai avrei pensato di lasciarla”. E invece il destino bussa ancora una volta alla sua porta per riportarlo in Australia. Il destino in questo caso si chiama Johanna, una ragazza tedesca arrivata nell’azienda dove lavora Davide. Amore a prima vista. Johanna però ha un sogno: vuole andare un anno in Australia. “Ci ho pensato per cinque minuti e poi ho detto sì. Una follia”.
Adesso vivono insieme a Dortmund, dove Davide ha trovato lavoro in una start up nel settore del turismo. Il passaggio non è stato semplice, soprattutto per la lingua: “Ho dovuto prendere lezioni e mi sentivo come un bambino delle elementari, è una lingua difficilissima. Ma qui se non parli bene tedesco vieni ghettizzato”. In poco tempo ottiene una posizione manageriale. “In Italia, tra cinquanta manager con la mia posizione, il più giovane ha 47 anni. Qui parlano i fatti più che l’età”. Viaggiando molto per lavoro gli è capitato di confrontare la sua situazione con i colleghi italiani: nella busta paga ci sono sei o settecento euro in più. “In Germania si pagano tantissime tasse, ma i servizi funzionano: se ho bisogno delle analisi del sangue, le faccio gratis il giorno dopo”.
Rifarsi una vita a Dortmund ha richiesto i suoi sacrifici, anche nelle piccole cose: il clima rigido, il ghiaccio sulla macchina da raschiare ogni mattina, la cucina, la cena servita alle sei del pomeriggio. “La Germania non è il paradiso – chiosa deciso – ma io ho deciso di costruirmi una carriera qui. In Italia avremmo potuto vivere solo di turismo, invece ci abbiamo investito pochissimo. Come spieghi a un tedesco che per andare da Catania a Trapani in treno, 400 chilometri, ci vogliono dodici ore, e invece da Dortmund a Stoccarda, stessa distanza, ne servono due?”. Il pregiudizio sugli italiani esiste ancora, racconta, ma non ha mai dovuto sperimentarlo sulla sua pelle: “Dipende da come ti poni: se ti impegni e dimostri serietà, sono i primi ad apprezzarti. Un pregiudizio duro a morire ovunque invece, è che spesso Sicilia vuol dire mafia, ma non solo in Germania, ovunque”. Dopo così tanti anni in giro per il mondo, Catania sembra sempre più distante: “A casa non ho più nemmeno gli amici, sono tutti emigrati per lavoro: quello che è rimasto più a Sud ora è a Parma“.