Agli arresti anche il suo fidato collaboratore Massimo Negrini, 64 anni. Di origine casertana, Statuto è noto alle cronache per vicende che lo hanno visto protagonista per alcune iniziative speculative, soprattutto nel settore immobiliare. A fronte della crisi del comparto, il gruppo Statuto - cui fanno capo centinaia di imprese - ha orientato il proprio business, nel tempo, verso la gestione di alberghi di lusso nelle città di Venezia, Milano e Taormina
Bancarotta fraudolenta. È l’accusa contestata dalla procura di Roma a Giuseppe Statuto, destinatario di ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari notificata dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma. Agli arresti anche il suo collaboratore Massimo Negrini, 64 anni. Di origine casertana, Statuto è noto alle cronache per vicende che lo hanno visto protagonista per alcune iniziative speculative, soprattutto nel settore immobiliare. A fronte della crisi del comparto, il gruppo Statuto – cui fanno capo centinaia di imprese – ha orientato il proprio business, nel tempo, verso la gestione di alberghi di lusso nelle città di Venezia, Milano e Taormina.
Dagli approfondimenti investigativi condotti dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, è emerso che gli arrestati hanno distratto dal patrimonio della fallita “Brera” oltre 8 milioni di euro, relativi a un credito vantato verso la società controllante, la “Michele Amari srl“, trasferendolo fittiziamente a due società con sede in Lussemburgo appartenenti allo stesso gruppo e rendendolo – come si legge nel provvedimento – “di fatto irrecuperabile, mediante un complesso intreccio di negozi giuridici fraudolenti, indice dell’elevata professionalità degli indagati”. In particolare, il credito, inizialmente costituito da somme giacenti su un rapporto di conto corrente cointestato alla “Brera” e alla “Michele Amari”, è stato trasformato in un finanziamento fruttifero infragruppo concesso, in successione, a due persone giuridiche anonime lussemburghesi con una situazione economico-patrimoniale estremamente compromessa.
Questa condotta non è stata occasionale o sporadica – sottolinea il gip nell’ordinanza – ma programmata e protratta nel tempo, sin dalla costituzione della società che era verosimilmente già destinata al default. Si tratta di condotte che senza dubbio hanno impatto negativo sull’economia lecita “in quanto rientrante in un più ampio disegno criminoso attuato dagli indagati mediante la “creazione di società a mero scopo speculativo, le quali sono state sistematicamente ed in maniera preordinata portate al fallimento, come di fatto sta avvenendo per numerose società del “gruppo Statuto”. I fatti contestati a Statuto e Negrini – i quali, allo scopo di impedire agli investigatori di risalire alle proprie responsabilità, hanno occultato parte della documentazione contabile – hanno provocato il dissesto e il successivo fallimento della “Brera”, dichiarato nel 2016, con un passivo pari a oltre 32 milioni di euro, gran parte dei quali nei confronti del Fisco.
Per il gip di Roma Flavia Costantini il pericolo di commettere altri reati di bancarotta è “concreto ed attuale”. Per il magistrato siamo in presenza di personalità “negative ” e “spregiudicate” di “entrambi gli indagati”. Parlando del ruolo di Statuto, il gip scrive che “rappresenta il fulcro attorno a cui ruota l’attività illecita de qua, essendo il referente del gruppo societario cui appartengono le compagini coinvolte nei fatti oggetto di contestazione”. Un quadro che “rende non solo concreta la probabilità di reiterazione di condotte delittuose in ambito societario ma anche attuale. Risulta che Statuto ha rivestito e riveste tutt’ora cariche amministrative all’interno di società che operano nel settore anche a seguito di nomine recenti; ugualmente ha detenuto e detiene partecipazioni in numerose società, alcune delle quali da lui stesso amministrate”.