Un’auto rubata, data alle fiamme alla periferia di Roma. Proprio davanti alla falconeria del colonnello Sergio De Caprio, il capitano Ultimo che catturò Totò Riina. “Un avvertimento? Questo sicuramente lo valuteranno il prefetto di Roma, Paola Basilone, e gli esperti dell’Ucis (l’ufficio interforze che assegna le scorte alle personalità a rischio – ndr.) che sanno leggere molto bene i segnali concreti di pericolo. Noi, invece, leggiamo chiaramente in quello che è successo un segnale di assenza di sicurezza per i cittadini”, dice il militare. Un riferimento, quello fatto da Ultimo all’Ucis non casuale: dal 3 settembre scorso, infatti, a De Caprio è stata revocata la scorta per “mancanza di segnali di concreto pericolo“.
L’automobile incendiata è un’Audi, ed è risultata rubata. A spegnere le fiamme sono stati i vigili del fuoco, fatti intervenire dagli ospiti della adiacente casa famiglia gestita, come la falconeria, dall’associazione volontari Capitano Ultimo. Sull’episodio indagano i carabinieri. I fatti si sono verificati intorno alla mezzanotte, in via della Tenuta della Mistica, alla periferia orientale della Capitale. L’auto rubata è stata incendiata proprio di fronte al cancello di ingresso della falconeria, che attualmente conta una decina di rapaci, e a ridosso della casa famiglia fondata dal capitano Ultimo, dove attualmente si trovano nove minorenni le cui famiglie sono in condizioni di marginalità o in detenzione.
De Caprio è attualmente in servizio al Comando carabinieri forestali, nel Reparto biodiversità e parchi. In quel periodo. Dopo una lunga carriera nel Ros, infatti, il capitano De Caprio aveva ottenuto la promozione a colonnello e la nomina a vicecomandante del Noe. Al vertice del nucleo ecologico aveva coordinato numerosissime indagine: da quella sugli investimenti della Lega Nord in Tanzania a Finmeccanica, dall’arresto di Luigi Bisignani a quella sulla P4 fino all’indagine sulla Cpl Concordia. Inchieste in cui comparivano l’intercettazioni tra Matteo Renzi il generale della Guardia di Finanza, Michele Adinolfi, nella quale l’allora leader del Pd svelava l’intenzione di spodestare Enrico Letta da Palazzo Chigi. Nell’agosto del 2015, però, una lettera firmata dal generale Tullio Del Sette (indagato in Consip) aveva sospeso Ultimo dalle funzioni di polizia giudiziaria: in pratica non poteva più fare indagini. Il Noe era stato il primo a indagare sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione su delega della procura di Napoli, che aveva aperto l’inchiesta sull’imprenditore Alfredo Romeo.