Scuola

Università, la legge di bilancio non fermerà il declino. Il futuro è sempre quello di una volta

La legge di bilancio è diventata da tempo l’incubo autunnale, assieme a frane e alluvioni. Le uniche novità del 2018, poco consolanti, sono state le trombe d’aria e le mareggiate epocali. Sui genovesi è anche caduta la tegola del ponte, un dramma nazionale a rischio di tragica farsa se non si concluderà nel giro delle quattro stagioni. E il rischio che il danno degli altri disastri, più o meno naturali, rimanga a carico degli sfortunati superstiti non è un’ipotesi inverosimile in epoca di vacche magre.

La previsione di bilancio disegna il futuro e, come scrisse Paul Valery, il nostro guaio è che il futuro non è più quello di una volta. Nel bilancio preventivo del Paese, però, l’università fa eccezione: il futuro è sempre quello di una volta. Dopo un lungo silenzio in materia, il governo promette un aumento del 5 per mille del capitolo 2019 sull’alta formazione. È sufficiente? Secondo l’ultimo Referto sul sistema universitario della Corte dei Conti, il finanziamento ordinario è sceso dai 7,8 miliardi di euro del 2008 a meno di 7 miliardi nel 2016. Secondo i dati Ocse – ne fanno parte 35 Paesi, Usa compresi, non solo l’Unione europea – la spesa per studente è sì cresciuta dell’1% rispetto al 2010, ma l’aumento è fittizio. Invero, il livello della spesa è diminuito del 7%, ma nello stesso periodo il numero di studenti è anch’esso diminuito, ma un po’ di più, l’8%. Muoviamo a passo di gambero verso la società del futuro.

Chi vede il bicchiere mezzo pieno constata l’inversione di una pluriennale tendenza a tagliare i fondi. Chi lo vede mezzo vuoto scuote la testa: la spesa italiana per studente è molto inferiore alla media Ocse: circa il 66%, 7.352 dollari contro 11.049. E i più scettici dubitano perfino che la promessa venga mantenuta. Non sarebbe la prima volta, poiché l’università è da sempre una delle voci da tagliare in fase di aggiustamento del bilancio. Per ora, l’aumento di 40 milioni di euro – più dieci milioni di borse di studio e altrettanti per la ricerca – è solo annunciato via Facebook. Anche se non sarà classificato tra le fake news, una volta approvata a fine anno la legge di bilancio, il brodino non basta comunque a invertire il declino dell’università italiana. E i meno benevoli fiutano il profumo di un banchetto dei tre gusci di noce. Perché, da sola, la nascente Scuola Normale Superiore di Napoli asciugherebbe una bella fetta dell’aumento, se “per le attività della nuova scuola si autorizza la spesa di 8,2 milioni per il 2019, 21,2 milioni per il 2020, 18,9 milioni per il 2021, con stanziamenti fino al 2025”.

Istituire una scuola siffatta è una lodevole iniziativa, perché il Sud ha pieno diritto a ospitare scuole di eccellenza, finanziate in modo adeguato. Ma declinata nel peggiore dei modi, dal momento che il Meridione è tra le culle del sapere moderno, frutto di una plurimillenaria tradizione: non ha bisogno d’importare modelli qualsivoglia, né diventare la succursale di un glorioso brand. Il Sud può fare benissimo da sé, se ottiene le risorse necessarie. Per esempio i 100 milioni di euro all’anno per dieci anni che la Legge 24 novembre 2003, n. 326 assegnava all’Istituto italiano di tecnologia, allorquando il ministro dell’epoca l’istituì con impeto alessandrino, dichiarando che dopo quel robusto bacio d’avvio l’istituzione si sarebbe autofinanziata del tutto. Chissà com’è andata a finire.

Da dieci anni, docenti e ricercatori – un tempo equiparati a giudici, ambasciatori e generali – vengono mitridatizzati. Nel prestigio e nel salario. Per contro – sempre dai dati Ocse – l’Italia si scopre uno dei Paesi con la più alta retribuzione dei dirigenti scolastici rispetto a chi insegna. Per fortuna, i dirigenti sono ancora pochi, al di sotto del faraonico organico previsto per garantire al controllo di gestione il primato nell’alta formazione. Ma il loro futuro, questo sì, è ben diverso da quello di una volta. In Italia, nazione più ignorante d’Europa secondo i dati di Ipsos Mori, l’eccesso di condottieri rispetto ai condotti non è una rarità, con un differenziale salariale tra i più elevati. Si sa: la disuguaglianza cresce al diminuire del livello d’istruzione e lo conferma un confronto con gli Usa, dove i manager della pubblica amministrazione hanno salari assai inferiore a quelli italiani. E gli Stati Uniti spendono 26.817 dollari per l’alta formazione di ogni studente.

Ho raccolto in un libretto, dal titolo Disastri: elzeviri e dialoghi 2014-2018, alcuni post del mio blog. Il tema è chiarissimo e il prologo contiene un divertente inedito, il Nuovo Dialogo tra un Folletto e uno Gnomo. Il volume è disponibile sia in formato eBook, digitale, sia come paperback cartaceo.