Il 14 dicembre del 2017 fa l'approvazione storica del provvedimento sul fine vita. Dodici mesi dopo ancora si fatica a farne decollare l'applicazione: non c'è campagna di informazione e regna la confusione con ogni città e Regione che fa da sé. Il decreto per istituire un sistema nazionale è stato approvato a fine luglio (e sono stati stanziati 2 milioni di euro), ma ancora non è stato fatto niente. E il ritardo è su più fronti: il 24 ottobre la Consulta ha chiesto al Parlamento di legiferare su eutanasia, ma la politica non ha nemmeno definito una data
Si fa presto a dire testamento biologico, ma la verità è che dopo una lunga battaglia in Parlamento per arrivare alla legge approvata il 14 dicembre 2017 in Italia c’è ancora molto da fare. A un anno di distanza da quel voto storico, l’Associazione Luca Coscioni segnala una serie di ritardi e mancanze perché sia data piena applicazione alla norma che ha reso possibile, per ogni cittadino, la possibilità di presentare al proprio Comune le disposizioni anticipate di trattamento (Dat), fornendo indicazioni sui trattamenti sanitari a cui in caso di necessità potrà o non potrà essere sottoposto. Indicazioni molto preziose se il paziente in questione non fosse in grado di esprimere le proprie scelte. “Mancano tuttora una banca dati e una campagna di informazione” spiegano Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretario e tesoriere dell’associazione che si è battuta in prima fila per arrivare all’approvazione della legge 219/2017. L’assenza di una banca dati rende difficile reperire dati nazionali: ilfattoquotidiano.it ha chiesto ad alcuni Comuni italiani quanti moduli sono stati presentati ai singoli enti. Secondo una ricerca realizzata da Focus Management per Vidas e presentata di recente, esiste inoltre scarsa informazione sull’argomento, tanto che solo il 28% degli intervistati sa dire esattamente cosa sia un testamento biologico. Una conoscenza carente (anche rispetto a come si compilano i moduli) a cui si potrebbe sopperire con campagne informative e iniziative di formazione che invece stentano a decollare.
SERVE UNA CAMPAGNA INFORMATIVA – “È necessaria una campagna di informazione e di sensibilizzazione a carattere nazionale e regionale – spiega a ilfattoquotidiano.it Filomena Gallo – che coinvolga i cittadini e la classe sanitaria” e che abbia l’obiettivo di diffondere “una maggiore conoscenza dei contenuti previsti dalla normativa in vigore e, in particolare, dalla possibilità di redigere le Dat”. La confusione, infatti, è tanta. “Molte volte – spiega la segretaria dell’associazione – riscontriamo che gli stessi uffici comunali aggiungono difficoltà, ad esempio imponendo la presenza del fiduciario al momento della presentazione del modulo, cosa assolutamente non necessaria e non obbligatoria”. Da un’indagine condotta da Vidas e Focus Management in Lombardia (su 400 persone), risulta che a un anno dall’entrata in vigore della legge, solo il 3% dei lombardi lo ha redatto, mentre la maggioranza (53,8%) ne ha sentito parlare, ma solo superficialmente e appena il 28,3% sa bene di cosa si tratti. L’81,7% degli intervistati ha sentito parlare della legge 219 dalla televisione, il 39% dai quotidiani, il 18% dal passaparola. Solo il 5,5% dai medici di famiglia e appena l’1% dai social network. La stessa senatrice Emilia De Biase, relatrice della legge, ha lanciato l’allarme sul rischio che la legge resti solo sulla carta, spiegando che gli sportelli dove poter redigere le Dat in alcuni comuni non sono nemmeno stati istituiti, perché non ci sarebbe abbastanza personale. A questo si aggiunge il fatto che non ci sono regolamenti applicativi e che non è stata istituita una figura professionale incaricata di dare informazioni e aiutare i cittadini a redigere il testamento biologico. Compito che potrebbe essere affidato, secondo la relatrice della legge, ai medici di base.
UN SERVIZIO AD HOC PER COMPILARE I MODULI – Da qui le diverse perplessità che i cittadini ancora hanno sulla presentazione della domanda. Non a tutti il modulo potrebbe risultare semplice da compilare. “Sul sito dell’associazione – continua Filomena Gallo – si può scaricare un modello basico con il quale si cerca di semplificare al massimo la compilazione. È prevista la forma libera per l’indicazione delle proprie Dat ma, comunque, il modulo dell’associazione “può essere usato così com’è – si spiega sul sito – può essere modificato, si possono aggiungere allegati, oppure può essere usato solamente come traccia per scrivere un testamento biologico di proprio pugno”. Questi moduli si possono scaricare dai siti di diversi enti o associazioni, come quello della Fondazione Umberto Veronesi, solo per fare un altro esempio. Scriverlo di proprio pugno, infatti, potrebbe risultare effettivamente non semplice senza l’aiuto di un medico, un avvocato o di chi conosca la legge in questione alla perfezione. “Per questo – sottolinea Gallo – sarebbe comunque d’aiuto un servizio ad hoc” che unisca l’informazione al cittadino con la formazione degli addetti ai lavori. Tanto più che lo stesso legislatore ha previsto la formazione di medici e personale sanitario “cosa che non è stata ancora fatta”. “Penso alle persone anziane – aggiunge – per le quali il ministero dovrebbe promuovere un aiuto, anche un tutorial”. A riguardo, la Fadoi (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti) ha organizzato diverse iniziative dedicate al testamento biologico, ma questo dovrebbe essere compito del ministero.
A 5 MESI DAL DECRETO NESSUNA BANCA DATI – A un anno di distanza dallo storico voto del Senato, inoltre, non sono ancora presenti dati ufficiali sulle disposizioni anticipate di trattamento depositate. “Per il momento – spiega l’associazione Coscioni – conosciamo solo il dato dei quasi 30mila moduli scaricati dal sito dell’associazione”. Dopo cinque mesi dalla scadenza del termine previsto, ossia il 30 giugno 2018, non c’è ancora il decreto istitutivo della Banca dati nazionale delle Dat. Agli inizi di dicembre l’Associazione Luca Coscioni, insieme ai familiari delle persone che più hanno lottato per una legge sul testamento biologico e a quelli di chi ha fatto ricorso al suicidio privato, si sono rivolti al ministro della salute Giulia Grillo per sollecitare l’approvazione dei decreti attuativi per la Banca Dati nazionale. La risposta non è mai arrivata e il 5 dicembre scorso Riccardo Magi, deputato di +Europa, riprendendo i contenuti della lettera, ha depositato un’interrogazione parlamentare. Anche l’Anci ha segnalato che il problema principale è l’assenza di un registro nazionale delle Dat, nonostante uno stanziamento, nella legge di bilancio 2018, di 2 milioni di euro proprio per la realizzazione di una Banca dati nazionale. Non solo per avere un quadro più chiaro dell’applicazione della legge a livello nazionale, ma anche perché il registro permetterebbe a medici e ospedali di conoscere in modo immediato le disposizioni lasciate dal cittadino.
I COMUNI E IL TESTAMENTO BIOLOGICO – Nonostante non ci sia un quadro d’insieme, molti Comuni si sono comunque portati avanti: centinaia quelli che hanno istituito un proprio registro informatico delle Dat. Diversi gli enti che, già prima della legge, fornivano la possibilità ai propri cittadini di presentare le proprie Dat. Tra questi i Comuni di Torino, Napoli, Padova, Reggio Emilia. A Milano, dall’entrata in vigore della legge, sono state depositate 3.307 disposizioni anticipate di trattamento. A Palermo hanno depositato la Dat al Comune duemila cittadini. A Roma ad oggi sono 1365, la maggior parte dei moduli però sono stati presentati negli ultimi mesi, dato che al 30 settembre se ne contavano appena 409. Di fatto la stessa Filomena Gallo si era recata a luglio scorso, con la telecamera nascosta, negli uffici dell’Anagrafe per depositare il documento, scontrandosi con una serie di ostacoli. A Torino è possibile consegnare il testamento biologico già dal 2011. Fino a oggi sono stati depositati 1291 moduli, 263 da luglio 2018 (ossia da quando il servizio è passato dall’Urp ai Servizi sociali) a oggi. “Nell’ultimo anno le richieste sono aumentate e noi abbiamo esteso la fascia oraria del servizio” spiega a ilfattoquotidiano.it l’assessore all’Innovazione del Comune di Torino, confermando che “sono ancora molte le persone che ci contattano per avere chiarimenti, ed è per questo che è necessario per tutti i Comuni attivare un ufficio all’Anagrafe”. A Napoli, invece, “sono 98 le trascrizioni – ci conferma il responsabile del Servizio dello stato civile,- 75 nell’ultimo anno e 23 precedenti all’entrata in vigore della legge”. In definitiva, nei principali Comuni italiani aumentano le richieste, anche se si tratta di numeri che non viaggiano alla stessa velocità. Non tutti, inoltre, hanno le risorse per fare fronte alle nuove esigenze. A Bari, come spiega a ilfattoquotidiano.it Rossella Cirillo, dirigente dell’Ufficio Ripartizione Servizi Demografici, Elettorali e Statistici del Comune “non c’è un ufficio ad hoc, ma per rendere disponibile il servizio ai cittadini almeno due giorni a settimana abbiamo sottratto spazio, tempo e risorse umane a quello che è il lavoro quotidiano”. In pratica si attua un nuovo servizio, ma senza risorse aggiuntive. Dall’entrata in vigore della legge e fino a oggi sono 185 le domande presentate (erano poco più di quaranta a luglio scorso) a cui vanno aggiunte quelle per cui c’è già la prenotazione. L’agenda, infatti, è coperta già per tutto il 2019.
IN ATTESA DEL PARLAMENTO SULL’EUTANASIA LEGALE – Ma in questi mesi si aspetta anche altro. Il percorso che ha portato all’approvazione della legge è stato lungo e complesso e ha visto anche la creazioni del primo intergruppo sulle scelte di fine vita, che conta al momento 67 parlamentari di ogni schieramento politico: 48 deputati e 19 senatori. Un percorso segnato da battaglie difficili, come quella di Fabiano Antoniani, il 40enne milanese che ha scelto il suicidio assistito in Svizzera. Ad accompagnarlo nella clinica della Dignitas di Zurigo proprio Marco Cappato, che per questo è imputato a Milano per il reato di aiuto al suicidio. Il caso è arrivato alla Corte costituzionale che già si è pronunciata sul caso della morte di dj Fabo e sull’articolo 580 del codice penale che punisce con la stessa pena l’aiuto al suicidio e l’istigazione (da 5 a 12 anni). Il verdetto non ha stabilito la costituzionalità o meno della legge, ma ha previsto un rinvio al legislatore per colmare il “vuoto normativo” sul tema del fine vita, concedendo al Parlamento undici mesi di tempo. Era il 24 ottobre, e malgrado i segnali di disponibilità da parte del mondo politico, da quel giorno il Parlamento non si è più espresso sull’argomento. L’associazione Luca Coscioni chiede in primo luogo il rispetto dell’ordinanza della Consulta e, ai capigruppo “di inserire subito all’ordine del giorno delle Commissioni la proposta di legge di iniziativa popolare Eutanasia Legale che giace indiscussa in Parlamento da oltre 5 anni ed ha raccolto il sostegno di oltre 140mila cittadini”.