Si avvicina la fine di questo tormentato 2018 che ci ha regalato il primo governo dichiaratamente populista, sovranista e semi-antieuropeista: a guardare le fibrillazioni alla vigilia dell’approvazione definitiva della cosiddetta legge di stabilità o Dpf che dir si voglia – dal momento che l’Europa s’impunta e i galletti super-vice primi ministri Luigi Di Maio e Matteo Salvini mostrano segni di cedimento sulla linea del “non abbasseremo il deficit di un centesimo, non arretreremo di un millimetro” -, sembra già un altro film. Finirà con l’Italia più virtuosa della Francia macroniana spendacciona?

Nel frattempo l’opposizione è in vacanza, il Pd è alle prese con i più lunghi preliminari che un congresso abbia mai registrato dopo la batosta elettorale del 4 marzo. Si viaggia senza aver mai veramente discusso le cause della rovinosa Little Big Horn, candidati che entrano ed escono dalla porte girevole del Nazareno come nel Grand Hotel, mentre Matteo Renzi ancora non molla la presa. Le primarie saranno un grottesco funerale collettivo.

Se il Pd si contorce come la mucca nelle sabbie mobili (l’immagine piacerebbe a Pierluigi Bersani), più a sinistra non c’è proprio nulla da divertirsi: l’attività da tempo in auge è cercare di superare la scissione dell’atomo, anche quella del nucleo in protoni e neutroni, fino all’impossibile (ma ne sarebbero capaci) scissione dell’elettrone! Di seguito sono andati in pezzi:

1. addirittura prima delle elezioni, l’assemblea del Brancaccio: generoso tentativo di Tomaso Montanari e Anna Falcone di formare una lista civica;

2. dopo le elezioni Liberi e Uguali, coalizione composta da Possibile, Art.1 Mdp e Sinistra Italiana, si è divisa pur senza certificarlo in un atto formale ma per irreversibili abbandoni progressivi;

3. infine Potere al Popolo, lista nata dopo la fine del Brancaccio, composta da movimenti e partiti minori: Rifondazione, Comunisti italiani, Sinistra antimperialista e variegati centri sociali, non avendo raggiunto il quorum alle elezioni si è anch’essa divisa all’inverosimile, tra vituperi e maledizioni reciproche.

Se pensiamo che tutto questo agglomerato di partiti e partitini, correnti, sigle, gruppi, sottogruppi, tribù, fazioni, famiglie, single e associati se va bene, oggi in tutti i sondaggi non supera il 23%, ci sarebbe da decidere per molti professionisti della politica che è venuto il momento di cercarsi un lavoro, come ha fatto con signorile realismo Pippo Civati, ex leader di Possibile.

Qual è la malattia, ormai allo stato terminale, che ha colpito e infettato il Paese che aveva fino a 25 anni fa la più forte sinistra dell’Europa e dell’intero Occidente? Ci sono ovviamente cause molto serie e profonde che riguardano l’intera Europa, e anche il resto del mondo occidentale: 40 anni di controffensiva capitalista, di ultradestra liberista, di finanziarizzazione estrema e forzata, di smantellamento di diritti e di peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone non potevano restare senza conseguenze. La situazione non è semplice e se Roma piange, non ridono nemmeno Londra, Washington e Berlino.

Il declino della sinistra italiana supera ogni immaginazione, è una dissoluzione di valori, di idee, di legami, di cultura. È uno scempio in cui la sinistra ha perso totalmente il senso della propria funzione, si è suicidata lanciandosi in un burrone da cui sembra non potrà mai più risalire. Cionondimeno, nel frattempo assistiamo ad alcuni generosi tentativi di dar vita a percorsi di aggregazione nuovi, che non sono ancora un progetto organico e non provengono da alcuna elaborazione culturale di tipo classico – ovvero come si dice in gergo: “dai fondamentali” – affrontando le ragioni di fondo dell’attuale situazione, per la creazione di condizioni di base per la formazione di una forza politica di sinistra adeguata alla situazione attuale.

Occorre dare atto a Massimo D’Alema che è l’unico a porre la questione nei termini giusti, se non fosse che per quanti sforzi faccia lo inseguono ancora i fantasmi del passato, quando – vero emblema del potere della sinistra – provocò non poche delusioni. Ma il tempo è galantuomo! Si tratta delle proposte avanzate dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris di costituire una coalizione civica per partecipare alle prossime Elezioni europee, ma con l’occhio già puntato alle tappe successive. Il progetto punta decisamente a riaggregare almeno parte delle forze sparse e a recuperare il voto di sinistra andato ai Cinquestelle, giudicati severamente “traditori” e “voltagabbana” delle loro piattaforme più avanzate: De Magistris si rivolge in primo luogo ai movimenti, all’associazionismo solidale e anche alle politiche.

In parte di diverso tenore è la proposta del sindaco di Parma Federico Pizzarotti che ha fondato Italia in comune, un movimento che ambisce a essere un partito, che ha per il momento il suo principale raggio d’azione in Emilia-Romagna e punta alle prossime Elezioni regionali, rivolge la sua attenzione ai temi ambientali e in più diretta alleanza concorrenziale col Pd. Anche Pizzarotti da ex grillino si pone l’obiettivo di catalizzare il voto di protesta defluito da sinistra verso i Cinquestelle e la Lega. Se son rose fioriranno. Nel frattempo, preparandoci al cenone di Capodanno, accontentiamoci di un gramo spezzatino di sinistra, piatto certo non particolarmente attraente: è quello che passa il convento in tempi duri come gli attuali.

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